Sì a una scuola nazionale, no alla regionale

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Per disgregare e distruggere uno Stato ci sono vari modi, ma uno dei più efficaci è iniziare col frantumare la scuola pubblica nazionale. Per esempio con tre Regioni, come Emilia Romagna, Lombardia e Veneto che chiedono al Governo forme ulteriori e condizioni specifiche di autonomia in materia di istruzione e formazione. Una vera e propria “secessione” delle Regioni più ricche, che porterà a un sistema scolastico con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio.

Si chiama regionalizzazione differenziata, ma a ben pensarci è già una importante forma di privatizzazione. Con inquadramenti contrattuali del personale su base regionale; salari, forme di reclutamento e sistemi di valutazione disuguali; livelli ancor più differenziati di welfare studentesco e percorsi educativi diversificati.

Salta così il ruolo dello Stato come garante di unità nazionale, solidarietà e perequazione tra le diverse aree del Paese. E cresce ulteriormente il classismo.I principi della Scuola della Costituzione, che impegnano lo Stato ad assicurare un pari livello di formazione scolastica e di istruzione a tutti, con particolare attenzione alle aree territoriali con minori risorse disponibili e alle persone in condizioni di svantaggio economico e sociale, salta.

Da diritto Costituzionale gratuito, garantita dallo Stato a livello primario a tutti i cittadini italiani, quali che siano la regione in cui risiedono, il loro reddito, la loro identità culturale e religiosa, si passa all’idea di scuola come servizio più o meno a pagamento.

L’unitarietà culturale e politica del sistema di istruzione e ricerca è condizione irrinunciabile per garantire uguaglianza di opportunità alle nuove generazioni nell’accesso alla cultura, all’istruzione e alla formazione fino ai suoi più alti livelli.

La chiamano autonomia differenziata.

La chiamano regionalizzazione dell’istruzione.

E’ un attacco senza precedentialla scuola della Costituzione Repubblicana. Ci saranno Regioni con scuole di serie A e altre Regioni con scuole di serie B, C, D, E. Ma anche all’interno della stessa Regione, una volta segnata la strada, è facile immaginare che ci saranno scuole secondo il reddito della cosiddetta utenza.

Come nella scuola anglosassone.

Dimenticandosi che la scuola italiana, almeno quella primaria, fino al 2008 era una delle migliori del mondo. Sarà una scuola sempre più incapace di garantire il pluralismo culturale e sempre meno capace di rimuovere ogni ostacolo economico e sociale. Ancora meno capace di innalzare il proprio livello d’istruzione generale e di unificare percorsi didattici e assicurare la qualità e la quantità dell’offerta di istruzione e formazione in tutto il Paese.

La frammentazione porterà disgregazione culturale e sociale.