Saper dire addio

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Sono andato a pescare sul Tagliamento con mio figlio, da qualche giorno gli ho regalato un paio di stivali lunghi per il suo compleanno, gli avevo promesso che avremmo attraversato il fiume assieme. Lo invito ad attraversare mano nella mano, lui mi segue, ad un certo punto non se la sente ritorniamo indietro, nel mentre continuiamo a pescare dalla sponda.

In un secondo momento mi chiede di ritentare, attraversiamo dove l’acqua è più bassa anche se dobbiamo fare attenzione alle alghe viscide e scivolose, non è permesso l’errore, perciò ogni passo è ben ponderato, lui si stringe forte alla mia mano. Peschiamo immersi nel fragore delle cascate e delle cascatelle dei flutti e dei mulinelli. Il rumore assordante dell’acqua lava i pensieri, anzi fluiscono assieme a lei, questo è sempre stata per me una cura per l’anima.

Decido di rientrare, quindi dobbiamo riattraversare il fiume, prendo mio figlio per mano e iniziamo il guado, ci troviamo nel mezzo del fiume in cui l’acqua si fa un po’ più alta, inizia a penetrare negli stivali di mio figlio, lui mi stringe più forte la mano, si affida a me, anche io gli stringo più forte la mano. Sento che sta provando paura, anche io sono in apprensione. Due, tre passi e siamo sull’altra sponda. Mio figlio ha gli stivali pieni d’acqua, lo guardo e gli dico: “Sei stato coraggioso”, lui mi guarda e mi dice: “Sono stato coraggioso, mi sono stretto alla tua mano papà”. Ho visto in un attimo tutta la sua fragilità ed anche la sua forza.

Quel attraversare il fiume ci ha trasformati, io nella mia paura di essere padre sufficientemente protettivo, lui nell’essere coraggioso e mostrare a me che sa attraversare.
Un giorno lo vedrò attraversare il fiume da solo e magari sarò io stesso a fermarmi sulla sponda per ammirare l’uomo che è diventato. Questo mi ricorda quando andavo in montagna con mio padre, mi teneva per mano e mi raccontava i nomi di tutti i fiori e delle piante e mi ricorda quando una volta andammo sul monte più alto davanti Gemona, il Cjampon, il mio paese di origine, avevo sei anni, mi legò con un imbrago per attraversare alcuni punti esposti, il vuoto mi faceva paura anche se sentivo di essere protetto.

La stessa mano che mi strinse e mi diede fiducia ora la stringo io nello stesso modo.
Nell’attraversare da una sponda all’altra perdiamo l’innocenza, siamo al cospetto della paura, perché percepiamo che siamo noi gli artefici per un attimo del nostro destino e per un attimo anche quello di qualcun altro. Che regalo importante e responsabile che ci fa la vita in quell’attimo.

Nell’attraversare qualsiasi momento della nostra vita tradiamo chi eravamo per aprirci al nuovo. L’uovo ed il seme si tradiscono nell’incontro, il neonato tradisce il feto, il bambino tradisce il neonato, il ragazzo tradisce il bambino, l’uomo tradisce il bambino, ciò accade fino alla fine fino all’ultimo respiro quando il nostro singolo respiro viene tradito dal grande respiro della vita, per unirsi al suo corso. L’attraversare le fasi della vita comporta un continuo tradimento, un continuo lasciare andare ed aprirsi al nuovo. Nel nostro tradire è insito un tramandare di tradizioni passate, ciò può avvenire solamente se siamo pronti a lasciare andare, il nostro vivere è sapere dire addio.