Salute mentale: più richieste, meno risorse

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Nell’audizione dei direttori dei dipartimenti di salute dei territori regionali le preoccupazioni per un comparto drammaticamente a corto di stanziamenti. Forte la richiesta per una risposta realmente integrata tra comparto sanitario e sociale

Un focus importante, un’occasione particolarmente apprezzata per lanciare un allarme sulla sproporzione delle risorse messe a disposizione e l’aumento delle richieste che provengono dalle varie fasce della società, soprattutto nel periodo post Covid. Questo il clou delle audizioni dei responsabili regionali dei centri di salute mentale compiuta a margine dei lavori dedicati alla sessione europea dalla commissione politiche della Salute presieduta dalla vicepresidente Francesca Maletti.

Con una voce sola i responsabili dei dipartimenti di salute mentale dei territori regionali descrivono la quotidianità di un comparto che, a fronte di una mutata sensibilità dell’Unione europea, che per la prima volta dedica un capitolo specifico delle proprie politiche discendenti alla salute mentale, deve confrontarsi con risorse troppo esigue e un vero e proprio boom di richieste, soprattutto nel periodo post Covid.

A fronte di uno stanziamento previsto dal PNRR di un 13% di quanto messo globalmente sul piatto, per un totale di 33 miliardi, è oltremodo chiaro il grido di allarme per la percentuale intorno al 3% di spese sanitarie dedicate alla salute mentale.

La carenza di personale è il deficit più marcato evidenziato da tutti gli intervenuti e questa mancanza determina diseguaglianze nei sistemi sanitari anche a livello intraregionale. A fronte del forte incremento di prestazioni in ambito di salute mentale, l’Emilia-Romagna fa registrare oltre 170mila persone seguite divise tra i servizi di salute mentale, quelli di neuropsichiatria infantile e i servizi per le dipendenze. Fra le patologie con il maggiore tasso di crescita, poi, vanno sicuramente segnalate le sindromi depressive, i fenomeni schizofrenici, il ritardo mentale, i disturbi dello spettro autistico, quelli alimentari e i disturbi dell’apprendimento.

A fronte di questa situazione, si profila all’orizzonte la necessità di dare priorità nella presa in carico ad aree specifiche o razionare in maniera generalizzata i servizi garantiti. Per tutti i tecnici della salute mentale intervenuti, però, è assolutamente imprescindibile un approccio integrato e onnicomprensivo a disturbi che quasi sempre impattano trasversalmente la società e che quindi abbisognano di risposte e percorsi riabilitativi da più soggetti insieme. Il punto di forza dell’Emilia-Romagna, rispetto ad altre regioni d’Italia, è la presenza di un sistema informativo che fotografa in maniera dettagliata le problematiche enunciate da ogni territorio.

La riorganizzazione globale dei servizi richiesta da tutti i direttori di centri di salute mentale intervenuti è sì figlia di una situazione particolare registrata negli ultimi due/tre anni, ma riflette anche una concezione della società profondamenta mutata da quando i servizi di psichiatria sono stati disegnati intorno agli anni Settanta/Ottanta dello scorso secolo.

Ricco il dibattito fra i consiglieri a testimonianza dell’interesse scaturito dalle varie audizioni.

Daniele Marchetti (Lega) ha sottolineato come, “da quanto abbiamo sentito, emerga una non corretta presa in carico per le persone che abbisognano di interventi specifici a causa di meccanismi operativi non adeguati o addirittura mancanti”. Il leghista evidenzia poi una pericolosa mancanza di collegamenti tra il piano sanitario, gestito dalle Ausl, e quello sociale, rappresentato ad esempio dalle aziende di servizi alla persona. Stante le problematiche che abbiamo sentito, credo che sia il caso chiedere alla Ue, all’interno dei vari pacchetti salute proposti, uno strumento specifico con fonti di finanziamento stabili sulla salute mentale”.

Palma Costi (Pd) ha rimarcato come “i problemi esplosi a seguito del Covid probabilmente fossero da tempo latenti ma assolutamente non intercettati dai servizi preposti e quindi è assolutamente necessaria una revisione dell’approccio, sia operativo che organizzativo”. Per la dem è poi “assolutamente positivo che la risposta a un bisogno di salute mentale sia in capo in primis al territorio e per mantenere questo aspetto forse sarà necessaria un’opera di innovazione fra i vari settori per una migliore presa in carico del paziente”.

Anche Francesca Marchetti (Pd) ha sottolineato la necessità di una riorganizzazione dei servizi per una risposta integrata ed efficace alle nuove fragilità. “Soprattutto per le problematiche riferibili ai giovani -continua la consigliera- è necessaria un’alleanza per un intervento educativo integrato tra famiglia, mondo della scuola e professionisti della salute mentale al fine di elaborare anche un sistema concreto di prevenzione del disagio giovanile”.

Giuseppe Paruolo (Pd) ha poi chiesto un focus specifico “sui casi di persone con diagnosi psichiatrica che non si curano per capire quali azioni mettere in campo a sostegno dei nuclei familiari su cui ricade questa scelta”.

Anche Silvia Zamboni (Europa Verde) ha richiesto che all’approccio psichiatrico tradizionale si affianchi anche uno specifico impulso educativo per dare risposte ai nuovi fenomeni prospettati, ai quali deve forzatamente accompagnarsi un chiaro segnale da parte dei legislatori, tanto quelli nazionali come quelli regionali”.

La relatrice di maggioranza della sessione europea Lia Montalti (Pd) ha infine invitato “a interrogarci su una inevitabile riforma dei servizi” ma contestualmente ha invitato “a riflettere sulle forme di finanziamento strutturali necessarie nel dare risposte efficaci alle problematiche complesse che la salute mentale comporta nelle nostre società”.