Il sacrificio dei fratelli Incerti Rinaldi di Jano

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I fratelli Oreste, detto Aristide, e Alfredo Incerti Rinaldi appartenevano a una modesta famiglia di orientamento socialista, residente nel borgo Casellette a Jano di Scandiano (RE). La loro fede politica li aveva sempre portati a partecipare alla vita pubblica del comune e a giudicare con spirito critico gli avvenimenti nazionali. La Giustizia, il giornale di Prampolini, era sempre presente nella loro casa, dove spesso si riunivano con amici per commentare quanto accadeva in provincia di Reggio e seguire lo sviluppo politico e organizzativo del Psi. Ben presto loro stessi si trasformarono in diffusori volontari del giornale socialista tra i contadini della zona.
La loro tragica sorte seguì, come vedremo, quella dell’Italia, anzi finì per rappresentarne l’immagine più violenta e cupa. La loro vita fu un esempio di rettitudine, coerenza politica e sacrificio estremo.

Nel 1915, quando tutta Italia era profondamente combattuta e divisa se entrare nel primo conflitto mondiale o proseguire nella neutralità, Oreste, detto Aristide, convinto sostenitore della posizione pacifista predicata a Reggio Emilia da Prampolini e condivisa a livello nazionale dal Psi, il 24 febbraio del 1915 partecipò, come tanti altri giovani, a una manifestazione pacifista davanti al Municipio di Scandiano, chiedendo pace e pane.
Oreste nacque a Borzano nel 1882 da Egidio e Giusta Baricchi, per trasferirsi in seguito con tutta la famiglia a Jano di Scandiano. Il raduno pacifista degenerò presto in violenti scontri con alcuni elementi interventisti, che provocarono i presenti e costringendo le forze dell’ordine a intervenire. Contrariamente però a quanto avrebbero dovuto fare, separare cioè le parti in lotta e isolare i provocatori, i militi tutelarono gli interventisti e si rivolsero, armi alla mano, verso i giovani pacifisti.

Fu così che Oreste venne ferito a morte da un colpo d’arma da fuoco sparato da un maresciallo dei carabinieri. Dopo una lunga e penosa agonia morì il 19 aprile a soli 33 anni. Lasciò nella disperazione la moglie Rosa Vecchi e quattro figli: Iride, Neralda, Malba e Dalbo. Oreste (Aristide) Incerti fu pertanto il primo a cadere sotto i colpi dell’intransigenza interventista in provincia di Reggio. Il giorno dopo, il 25 febbraio, la tragedia si ripeterà davanti al teatro Ariosto di Reggio in occasione della conferenza interventista di Cesare Battisti. Sul terreno rimasero due vittime: Fermo Angioletti e Mario Baricchi.

Il 12 marzo 1922, il fratello Alfredo di 33 anni e di mestiere sarto, si trovava in compagnia del consigliere comunale Alberto Spallanzani vicino alla sede della Posta Vecchia, oggi piazza Boiardo, quando venne colpito da una violenta bastonata al capo sferrata da Domenico Brevini, un fascista facente parte del gruppo squadrista con sede nel vicino comune di Casalgrande. Si trattò quindi di una operazione programmata da tempo ed eseguita da un squadrista che avrebbe dovuto risultare sconosciuto ai più.

All’ospedale i medici riscontrano la rottura del naso, una grave lesione all’occhio sinistro e un’altra a quello destro. Giudicato guaribile in una decina di giorni, venne dimesso. Il 15 marzo, tuttavia, per l’aggravarsi dell’emorragia celebrale non diagnosticata, morì, lasciando la moglie Annita Iori e due figli, Dalba e Leo.
Una grande folla assistette, il 16 marzo, ai funerali presso il cimitero di Jano dove fu sepolto.

La Giustizia scrisse: “Gli intervenuti sfilarono dinanzi alla salma per rendere l’ultimo saluto alla vittima della violenza altrui. Tutti piangevano. Ma la scena più straziante accadde quando i parenti vennero dolcemente fatti allontanare dal cimitero. Pianti e grida che straziavano l’animo. Il fratello del povero Alfredo si era attaccato alla bara e per allontanarlo fu giocoforza adoperare, da parte degli amici dolce violenza”.
Il loro sacrificio fu inutile. L’Italia dopo pochi mesi la morte di Oreste entrò in guerra, mentre l’omicidio del fratello Alfredo fu solo uno dei tanti che per venti anni insanguinò il Paese.

Le violenze fasciste erano solo all’inizio. Il Municipio di Scandiano, infatti, verrà assaltato nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1922, con il sindaco socialista Luigi Ghiacci e l’assessore Adelmo Taddei aggrediti e costretti alla fuga. Il terribile anno 1922, inoltre, si concluderà a Scandiano con l’uccisione dell’assessore Umberto Romoli e conterà altri morti e feriti in diversi comuni della provincia.




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