Regione: dopo Rossi, Manghi o la Mori

Troppo fresca la botta elettorale, troppe le nubi che si addensano in vista delle elezioni regionali e comunali del 2019. Fatto sta che il Pd emiliano-romagnolo, e nello specifico quello reggiano, non brucia dal desiderio di dare luogo a un rimpasto di giunta nei palazzi di Kenzo Tange a Bologna, dove Stefano Bonaccini si interroga su se e come impostare l’ultimo miglio di una legislatura proficua su molti piani ma contrassegnata dalla costante emorragia registrata negli appuntamenti locali e nazionali con le urne.
 
L’elezione alla Camera del sottosegretario alla presidenza Andrea Rossi ha sottratto all’esecutivo Bonaccini l’unico rappresentante di derivazione reggiana e ciò, a prescindere dalla depressione post-voto, significa per Reggio (terza provincia in regione per numero di abitanti) un’anomalia da sanare.
 
Un anno di lavoro davanti, e poi chissà: la prospettiva non sembra entusiasmare nessuno, e tuttavia le aspirazioni al posto lasciato libero da Rossi o a un assessorato pieno in alternativa fa gola a molti amministratori locali, sia per questioni di prestigio, sia per acquisire una posizione da spendere eventualmente nella corsa per le candidature tra dodici mesi.
 
Al netto delle considerazioni del governatore, al quale ovviamente spetterà l’ultima parola, le opzioni in campo per i reggiani sono due.
 
La prima porta il nome di Roberta Mori: area Orlando, lunga esperienza in Regione, sempre molto votata e recentemente in lizza per un seggio a Roma.
 
La seconda, prettamente istituzionale, riguarda Gianmaria Manghi: presidente della Provincia in carica e sindaco di Poviglio, cattolico ma mai renzianissimo, ha operato per anni sul territorio con molti oneri e pochi onori alla guida di un’istituzione che a lungo, almeno fino al referendum del 4 dicembre 2016, fu considerata in via di liquidazione.
 
La sostituzione di Rossi con Manghi determinerebbe la necessità di elezione di un nuovo vertice in Provincia (il nome più gettonato è quello di Ilenia Malavasi, sindaco a Correggio). In questo caso, la platea degli aspiranti si restringe, poiché tutti i sindaci in scadenza non sarebbero candidabili per carenza di spazio temporale di amministrazione. E molti, a prescindere dalla vicinanza correntizia, riconoscono al capo di palazzo Allende un lavoro costante e dignitoso.
 
Tuttavia, la figura del sottosegretario presuppone una vicinanza assai stretta con il governatore, e da questo punto di vista né la Mori né Manghi rappresentano probabilmente per Bonaccini le figure più indicate. Al tempo stesso, mettere mano alle deleghe e agli assessori a un anno dalla scadenza aprirebbe diverse partite complicate. Un rebus? Quasi. Ma presto si risolverà.