Morto in Madagascar decano dei missionari reggiani monsignor Pietro Ganapini

ganapini

È morto martedì 30 giugno 2020, alle ore 4 del mattino, monsignor Pietro Ganapini, missionario Fidei Donum da 59 anni in Madagascar. Era il pioniere e il decano dell’équipe reggiana e si è speso ogni giorno della sua vita al servizio dei più poveri, soprattutto dei bambini, quelli che lui chiamava affettuosamente “i più poveri tra i poveri”, quelli che non avevano la possibilità di studiare.
Era nato a Pantano di Carpineti il 19 gennaio 1928 e aveva ricevuto l’ordinazione presbiterale il 13 agosto 1950. Don Pietro aveva insegnato nel Seminario di Albinea dal 1950 al 1952 e successivamente nel Seminario di Marola dal 1952 al 1961.

L’entusiasmo dell’enciclica Fidei Donum e la conoscenza di padre Dario Asti, gesuita di Fontanaluccia, lo portarono a partire come missionario nel novembre del 1961 per l’Isola Rossa. È il primo della Diocesi di Reggio Emilia – Guastalla a scendere ed aprirà la strada a tanti missionari: sacerdoti, suore e laici.
Nella sua lunga esperienza ha potuto conoscere profondamente la cultura del paese.
Ha prestato servizio come parroco a Ilanivato, per arrivare fino alla sede di Ambanidia, guidata dal 1974 al 2006. In seguito si è trasferito alla Casa della Carità di Tongarivo (periferia di Antananarivo) dove consacrate e ospiti hanno potuto godere spiritualmente della sua presenza sacerdotale.
Diceva: “Il vivere nella Casa di Carità è per me scuola di purificazione e di preghiera, perché possa lasciare più spazio all’opera dello Spirito Santo nella mia povera vita estremamente bisognosa della grazia di Dio”.
In questi ultimi 20 anni don Pietro si è dedicato in maniera molto intensa all’istruzione dei bambini, sostenuto dall’Associazione benefica AMGA; con lo sforzo delle popolazioni locali ha costruito oltre un centinaio di scuole nella periferia della capitale Antananarivo.

Don Pietro affermava: “Migliaia di ragazzi hanno potuto ricevere basi di istruzione e di sviluppo che non saranno facilmente quantificabili in termini di cifre, ma che nella vita della nazione portano e porteranno frutti di maturità umana e cristiana”.
Profondo amante della musica e del canto liturgico, ha scritto musiche, composto e tradotto canti nella lingua locale che tutt’oggi vengono cantati durante le liturgie eucaristiche e da tutti apprezzati.
Uomo di solida fede, sosteneva che il primo e fondamentale scopo di chi va in missione è portare Cristo.
Sacerdote cristallino, ha saputo valorizzare la religiosità popolare seguendo le Comunità a lui affidate nella forma di piccole chiese domestiche e diffondendo con il rosario la devozione a Maria.

Uomo dalla ricca umanità e sempre disponibile nei confronti dei poveri, don Pietro ha esercitato una carità incondizionata verso chi gli chiedeva aiuto, dalla mamma con il suo bambino bisognoso di cure fino al suo vescovo che gli manifestava necessità economiche o pastorali.
Amava la Chiesa per la quale si è speso fino alla morte, che desiderava avvenisse in Madagascar, come è avvenuto.

La Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla e i tanti amici e benefattori che lo hanno sostenuto nella sua azione caritativa si uniscono alla Chiesa sorella del Madagascar in un profondo cordoglio, grati al Signore per il cammino condiviso con don Pietro e per il suo ammirevole esempio di missionario totalmente dedicato al suo popolo.
Il funerale di monsignor Ganapini avrà luogo nella parrocchia malgascia di Malaza giovedì 2 luglio 2020 alle ore 10. La Diocesi invita sacerdoti, diaconi e laici a partecipare, in comunione di preghiera con la Chiesa del Madagascar, alla santa Messa di suffragio che sarà celebrata in Cattedrale a Reggio Emilia il 2 luglio alle ore 10.30
Familiari e amici di don Pietro hanno poi fissato una Messa di ringraziamento per il lungo e fecondo ministero missionario di don Ganapini sabato 4 luglio alle ore 19 a Pantano di Carpineti.

Il ricordo del vescovo di Reggio Emilia e Gustalla, monsignor Massimo Camisasca. Don Pietro Ganapini, che ci ha lasciati questa notte, concluso il giorno del suo onomastico, è una delle figure più singolari, forse la più significativa, dei missionari reggiani che hanno vissuto il loro ministero nella seconda metà del novecento e in questi primi anni del nuovo millennio. Si può dire che tutta la sua vita matura sia coincisa con la vocazione missionaria. Ordinato nell’agosto del 1950 è stato insegnante prima nel seminario di Albinea e poi in quello di Marola. Dal 1961 è vissuto ininterrottamente in Madagascar dove lo ha mandato la volontà del vescovo Beniamino Socche.

Non esisteva ancora quel progetto missionario che si sarebbe poi manifestato e articolato negli anni del post concilio. Quando Ganapini parte il concilio era ancora un sogno nella mente del Papa. Si stavano preparando i lavori delle prime commissioni, nulla si poteva né prevedere né immaginare. Si sarebbe aperto poco più di un anno dopo la partenza di don Pietro. È un dato su cui dobbiamo riflettere: don Pietro ha vissuto lontano dall’Italia la stagione esaltante e difficile del post concilio. Ne è stato toccato, ma in modo assolutamente differente da quanto possiamo esserne stati segnati noi. È stato un prete sereno, costruttivo e legato all’essenziale.
Quando l’ho incontrato nel mio unico viaggio in Madagascar e poi qui in Italia ho sempre avuto la percezione di trovarmi di fronte a un bambino, così come ne parla il Vangelo e come Gesù ha pensato la vita adulta. Non un uomo sprovveduto, ingenuo, ma umile, positivo, interamente raccolto nel compito che gli era stato assegnato.
Le scuole che ha creato e diretto sono oggi un asse fondamentale del debole sistema educativo del paese. Le più di cento residenze scolastiche che, con l’aiuto degli amici di Pietro Ganapini, ha innalzato in questi ultimi anni sono il segno di una instancabile e lucida percezione del valore dell’educazione per il presente e il futuro di una Chiesa e di una nazione.

Ha amato ciò che incontrava e coloro a cui era destinato dal suo ministero. Non ha mai smesso di informarsi su ciò che accadeva in Italia, di leggere, di capire. In uno dei nostri colloqui più recenti mi parlava delle sue letture e mi chiedeva consigli rivelandomi i nomi degli autori preferiti.
Penso che la nostra Chiesa dovrebbe presto chiedere a un bravo giornalista con interesse storico di scrivere la vita di don Ganapini, mentre sono ancora vivi i testimoni della sua opera. Ne verrebbe un grande bene a tutti.
Don Pietro ci ha dato la testimonianza di una vita missionaria al servizio dei poveri, senza nessuna ombra di riduzione sociologica o ideologica. Egli era semplicemente Cristiano. La sua passione per la musica, che lo ha portato a creare tanti testi liturgici e popolari, cantati anche in lingua malgascia, rivela il lato angelico del suo animo ma anche una pienezza umana che chiedo a Dio di donare a tutti noi, presbiteri della Chiesa di Reggio Emilia – Guastalla.

Ora le spoglie mortali di don Pietro riposeranno in Madagascar, come lui ha voluto, ma la sua esperienza può trasbordare ben oltre e illuminare la missione cristiana di tanti nostri laici e presbiteri. Ritengo che don Pietro, con i suoi 92 anni, rappresenti una delle benedizioni più singolari della mia vita e sia un segno di come il cristianesimo possa trasformare la vita presente rendendola una vera anticipazione dell’eterno.

Il ricordo dei familiari. Grazie di cuore, Padre, di tutti per il dono immenso della vita di don Pietro. E grazie a te, don Pietro, per quello che la vita, la tua testimonianza sul campo, hanno significato per noi, la nostra famiglia, le nostre famiglie: tutti fieri di te.

Ricordiamo con gioia il motto che tu scrivesti sul ricordino della prima Messa e che sempre portavi con te: l’amore di Cristo ci spinge! A quello sei stato coerente per tutta la vita con l’amore immenso per Dio e per il tuo popolo malgascio. Ora dal Paradiso guardaci ancora con l’amore di sempre insieme ai genitori, a Domenico e Lucia.

Sempre uniti.