La morte di Bertolini, il ricordo di Del Bue: ciao Vincenzo, è stato tutto molto bello

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di Mauro Del Bue

La notizia della scomparsa di Vincenzo Bertolini è per me un pugno nello stomaco. Tanto é stato l’affetto, la simpatia, l’amicizia che mi univano a lui. Vincenzo e io siamo stati, negli anni Ottanta, i segretari del Pci e del Psi di Reggio Emilia. Lui comunista, ma in realtà primo socialdemocratico del Pci, come si definiva con un certo orgoglio, teneva molto all’unità col Psi e fu protagonista della svolta del 1987, quando, con la mia sponda, riuscì a recuperare i socialisti in giunta dopo quattro anni. Si formò una maggioranza pluralista che comprendeva Pci, Psi, Verdi e poi anche il Psdi, capeggiata da Giulio Fantuzzi.

L’ex sindaco Ugo Benassi di lì a qualche mese venne inviato al Senato. Di Vincenzo Bertolini bisogna ricordare il coraggio di sfidare il mondo per affermare le sue idee. Migliorista, cosi gli ingraiani definivano Napolitano, Macaluso, Chiaromonte, e poi riformista dopo la svolta di Occhetto nel 1989, non aveva paura di finire in minoranza e di marciare contro corrente. Si vantava d’essere stato l’unico a non votare a favore dell’elezione di Occhetto a segretario del Pci, e dopo la svolta, pur appoggiando quel che lui aveva avuto l’intelligenza di anticipare, militò nella corrente di Napolitano.

Nel 1990 fu eletto consigliere regionale, ma proprio in quell’estate l’avere appoggiato con convinzione il ‘Chi sa parli’ di Otello Montanari (Nicolini era il padre della sua ex compagna Riccarda) gli costò più d’un rimprovero e qualche malcelata ostilità. Tanto che nel 1995 non fu rieletto. Fu vicepresidente della Lega delle cooperative, e continuò la sua militanza politica, ma con più distacco.

Personalmente non posso dimenticare la sua generosità. Tanti sono gli episodi che potrei ricordare e che mi riguardano da vicino. Ne cito solo uno che mi commuove ancora. Vincenzo fu l’unico, anche molti del mio partito s’erano voltati dall’altra parte, a contestare pubblicamente il processo politico che mi venne fatto dal tavolo dei progressisti che, tra urla e lai, bloccò la mia candidatura nel 1994.

Io ero a casa sua quando gli comunicarono, l’anno dopo, la sua mancata elezione in Consiglio regionale. In quel caso l’avevo solo anticipato, per una volta. Visto che era quasi sempre lui ad anticipare gli altri. Con le sue intuizioni che si rivelavano poi azzeccate e venivano sposate dagli altri sempre in ritardo. Il che paradossalmente costa. Gli anticipatori sono sempre scavalcati e generalmente sostituiti dai posticipatori. La politica non é un’arte logica. Capitò così che Vincenzo abbia vissuto gli ultimi anni di vita da separato.

Separato dalla sua nuova compagna, separato dal suo partito, separato dalla sua città. L’unica caratteristica che si trascinava dietro come sempre era la sua distrazione. Come tanti uomini di pensiero lasciava e perdeva di tutto: portafogli, chiavi, tessere, cappelli, ombrelli. Ci siamo rivisti in un ristorante a cena. Camminava a fatica, col bastone. Soffriva di un male che non gli dava tregua. Ultimamente mi avevano informato che stava meglio. Poi, di colpo la notizia più tragica.

Ciao Vincenzo, in fondo è stato tutto molto bello.