Interruzione volontaria di gravidanza, in Regione passa risoluzione su pillola abortiva Ru486 in day hospital

pillola Ru486

L’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ha approvato, nonostante i voti contrari delle opposizioni, una risoluzione firmata da Silvia Piccinini (Movimento 5 Stelle) e Federico Amico (Emilia-Romagna Coraggiosa), ed emendata poi da Roberta Mori e Palma Costi (Partito Democratico), che impegna la giunta regionale a “non consentire passi indietro rispetto alla somministrazione della pillola abortiva Ru486 in day hospital, senza cedere all’ipotesi del ricovero obbligatorio per l’aborto farmacologico, e a promuovere, nella Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome e nella Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, l’adozione di orientamenti comuni per l’applicazione puntuale e coordinata degli indirizzi nazionali”.

La risoluzione, ha spiegato la consigliera Piccinini, nasce “per contrastare quelle che trovo prese di posizione pubbliche fuori dalla storia e retrograde, come quelle che hanno adottato in regioni come le Marche. Questo è un argomento da affrontare al di fuori di posizioni paternalistiche e patriarcali, in quanto l’introduzione della Ru486 non ha aumentato il numero degli aborti”.

Con gli emendamenti alla risoluzione presentati in aula, il Pd ha invitato la giunta regionale “a garantire la Ivg farmacologica secondo le recenti linee di indirizzo ministeriali, al fine di rendere più appropriate e sicure le metodiche, nonché sempre più qualificata e di prossimità la rete consultoriale a supporto di scelte informate e consapevoli sulla procreazione responsabile”.

“Ci sembra la miglior risposta a chi ancora oggi attacca la Legge 194 e con essa tutele fondamentali di salute e di libera determinazione delle donne”, ha spiegato la consigliera del Pd Roberta Mori nel suo intervento in aula.

“Chiediamo anche che in sede di Conferenza Stato-Regioni si adottino orientamenti comuni per l’applicazione di questi recenti indirizzi nazionali”, ha proseguito la consigliera Mori, ricordando che “a causa di decisioni regionali disomogenee e del precedente approccio nazionale molto restrittivo, nel nostro paese di media ricorrono alla Ru486 solo il 20,8% delle donne che compiono la dolorosa scelta di abortire, contro ad esempio il 66% in Francia e il 95% in Svezia”.

In Italia, infatti, alcune Regioni hanno ritardato e ostacolano ancora oggi l’attuazione delle linee guida, mentre altre hanno già adottato protocolli operativi per garantire la gestione farmacologica ambulatoriale e consultoriale dell’Ivg in collegamento funzionale con l’ospedale, dunque in piena sicurezza e gratuità.


Secondo la consigliera Mori “certe posizioni ostili si spiegano solo con l’ideologia, dal momento che il ricorso alla pillola Ru486 non incide e non aumenta il numero totale degli aborti e oltretutto la sua somministrazione fuori dagli ospedali in questo periodo ancora di allerta Covid avrebbe molto più senso sia per le donne che per il sistema sanitario”.

Da parte sua la Regione Emilia-Romagna ha già istituito un gruppo di lavoro tecnico per garantire la somministrazione della pillola Ru486 secondo le indicazioni ministeriali e ha predisposto un progetto sperimentale per l’offerta farmacologica in consultorio familiare.

“Sproniamo la giunta a una rapida e concreta applicazione del servizio”, ha concluso Roberta Mori, “consapevoli che l’Emilia-Romagna sta assicurando, anche in questo ambito, la tutela della salute delle donne nel pieno rispetto della legge 194, del benessere femminile, della necessaria presa in carico della salute riproduttiva e sessuale delle persone”.

Nel dibattito in aula è intervenuta anche la consigliera del Pd Palma Costi: “La Ru468 è in perfetta continuità di un lungo percorso della legge 104, che deve avere nei consultori pubblici luoghi di presa in carico e di sicurezza della salute delle donne. La 194 fu una legge che rispose al diritto alla salute delle donne, al loro diritto alla vita, alla lotta contro l’aborto clandestino e la disumanità delle pratiche, che ha provocato la morte di tante donne, ha provocato danni irreversibili alla loro salute e il carcere”.

“Quindi è stata una scelta per la vita, per il riconoscimento del valore sociale della maternità, per la tutela della salute delle donne e per l’autodeterminazione. Dal 1978 tanta strada è stata fatta. In Emilia-Romagna sono stati creati i consultori e i servizi di prevenzione necessari previsti dalla 194 e le interruzioni di gravidanza sono in forte diminuzione e ricondotti a metodi sicuri nelle strutture pubbliche. Per questo non ci stancheremo mai di lavorare per il loro potenziamento e adeguamento alle nuove conoscenze scientifiche e metodiche mediche, tra cui la prevenzione e la corretta e completa informazione”.

Dal punto di vista delle opposizioni, invece, il consigliere della Lega Simone Pelloni ha sottolineato che “temi come questi non possono essere affrontati con una risoluzione o bypassati da linee guida ministeriali. È legittimo che una Regione decida di non applicarle, solo il Parlamento può decidere di modificare una legge. E visto che si parla di dolore e di vita, si deve trattare il tutto, eventualmente, con una legge, non con risoluzioni o emendamenti”.

A rincarare la dose Michele Barcaiuolo (Fratelli d’Italia): “Trovo raccapricciante che si cerchi di trasformare tutto questo in una battaglia di genere. Per me l’aborto non può considerarsi un fatto semplicemente lecito e naturale senza che abbia altre conseguenze. La somministrazione della RU486 in day hospital credo sia un salto indietro nella difesa della salute delle donne e andare in questa direzione mina i principi della legge 194. Io ho una visione del mondo in cui la vita va difesa dal concepimento fino alla morte naturale”.

Per Matteo Montevecchi (Lega) “le linee guida di un ministro non hanno alcuna valenza di legge, quindi non c’è l’obbligo di rispettarle. La legge 194 stabilisce che l’interruzione di gravidanza deve essere collegata a un ricovero in struttura. Il nostro è sicuramente un voto contrario per tutelare la salute delle donne e perché non vediamo tutto ciò come passi avanti, ma piuttosto come una banalizzazione dell’aborto, ridotto a banale pratica fai da te da eseguire a casa”.

Sulla stessa linea la consigliera leghista Valentina Stragliati: “Non stiamo parlando di somministrare paracetamolo o un’aspirina, ma vere e proprie bombe farmacologiche che determinano la morte del feto. Gli effetti di questi farmaci sono molto forti, si parla di emorragie, contrazioni addominali paragonabili a quelle del parto, e tutto ciò non si risolve in poche ore. Pensare di somministrare la RU486 in consultorio è aberrante. Senza parlare, poi, degli effetti psicologici di questa scelta”.