Industria Reggio, giù produzione e fatturato

stabilimento Ferrari Maranello produzione meccanica

Nel terzo trimestre del 2023 in provincia di Reggio è risultato in calo il dato sulla produzione dell’industria in senso stretto: rispetto allo stesso periodo del 2022, infatti, le imprese reggiane hanno fatto registrare una flessione del 2,9% in termini di volumi, mentre a livello regionale la discesa si è fermata all’1,9%.

Situazione analoga, secondo le analisi della Camera di commercio dell’Emilia sui risultati dell’indagine congiunturale sulle piccole e medie imprese, anche sul fronte del fatturato, con una diminuzione complessiva del 2,6% (superiore anche in questo caso rispetto al dato medio regionale, pari a -1,3%) e una lieve contrazione anche di quello legato alle esportazioni (-0,4%); male anche il dato sugli ordinativi complessivi (-3,9%), con la componente estera che arriva a -4,2%.

La trimestrale luglio-agosto-settembre della produzione industriale reggiana è stata particolarmente negativa per le industrie elettriche ed elettroniche (-6,6%), che nonostante questo hanno fatto registrare un incremento complessivo del fatturato del 5% (+3,9% sui mercati esteri).

Molto diversa, invece, la situazione dell’industria della ceramica, che ha associato al calo della produzione (-6,3%) anche un’evidente flessione del fatturato, in diminuzione del 7,9% (addirittura -10,3% sui mercati esteri). Doppio segno meno anche per l’industria delle materie plastiche: produzione -5,2% e fatturato complessivo -8% (in questo caso la componente estera paga un -6,5%).

Un po’ più contenuti, ma anch’essi in territorio negativo, i consuntivi della metalmeccanica, con un calo produttivo del 4,5% e del fatturato (-3,8% il dato complessivo, -0,9% sul mercato estero).

A due facce, infine, l’andamento dell’agroalimentare e dell’industria tessile, abbigliamento, calzature e pelletteria: nonostante il calo produttivo (rispettivamente -3,7% e -1,9%), in entrambi i casi il fatturato ha fatto registrare una sostanziale tenuta (+0,5% e +0,1%), soprattutto grazie al buon andamento dell’export (+6,3% per l’agroalimentare e addirittura +12,1% per il tessile).

Dal punto di vista dimensionale, alla difficile situazione hanno reagito meglio le piccole imprese (quelle con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 49), che hanno contenuto la flessione a -0,5%; a seguire le micro imprese (quelle con un numero di dipendenti compreso tra 1 e 9), con -3,4%, e infine le medie imprese (quelle con un numero di dipendenti superiore alle 50 unità), che hanno lasciato sul campo il 4,6%.

Anche il maggior beneficio in termini di fatturato (+1,5% totale, +4,9% per la sola componente estera) è stato registrato dalle piccole imprese, mentre le micro imprese si sono dovute complessivamente accontentare di un solo segno positivo (rispettivamente -5,3% e +5,1%); le medie imprese, invece, sono quelle che hanno pagato lo scotto maggiore (-4,8% e -3,3%).

Secondo le previsioni di produzione per il quarto trimestre dell’anno, il 54% delle imprese interpellate ha ipotizzato una situazione di sostanziale stabilità, il 23% si attende un aumento e il 23% ha stimato un calo. Per quanto riguarda gli ordinativi, invece, il 45% delle imprese del campione ha preventivato un orizzonte di stabilità, il 24% di aumento e il 31% di diminuzione. Sul fronte del fatturato, infine, il 27% delle imprese ha azzardato previsioni di crescita, il 49% ha previsto una sostanziale stabilità e il 25% ha ipotizzato un calo.



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