La protesta di un gruppo di lavoratrici di Manifatture San Maurizio appartenenti al gruppo Max Mara Fashion Group sale agli onori delle cronache perché segna, dopo quasi mezzo secolo, una minima ma sorprendente scucitura nel patto sinistra-Maramotti che governa Reggio Emilia da mezzo secolo.
Chiunque conosca in forma approfondita la storia recente della città sa che, dai tempi lontani delle prime contestazioni degli anni Sessanta, tra Achille (il fondatore, Cavaliere del Lavoro) e il Pci di allora venne stabilito un accordo di rigorosa reciproca collaborazione. Molti reggiani ignorano alcuni passaggi basilari di quanto accaduto nel corso dei decenni a livello urbanistico. Il trasferimento del casello autostradale 700 metri a nord avvenne per consentire l’uscita diretta nelle proprietà terriere della famiglia di Albinea, grazie al Pci targato Venturi e approvato all’unanimità dal consiglio comunale nel 1984.
La più grande opera pubblica degli ultimi anni, ossia la Stazione AV Mediopadana, la cui esistenza ha peraltro cambiato in meglio la vita di decine di migliaia di reggiani, avvenne con grande scorno dei cugini parmigiani tramite un accordo personale tra Maramotti senior e Romano Prodi, amici di gioventù ed entrambi pezzi grossi della Dc e del mondo di superpoteri che le gravitavano attorno. O qualcuno crede forse che il coinvolgimento di una archistar quale Santiago Calatrava fosse dovuto agli extraterrestri?
La stessa operazione attualmente in corso cosiddetta “Polo della Moda”, che sostituisce le sfortunate e mai decollate Fiere di Reggio, completa un vasto e prestigioso accesso alla città che comprende appunto Mediopadana, casello con i maestosi archi purtroppo ora spenti di notte, l’area ex Fiera e l’headquarter di Max Mara, circondato da ampie fasce alberate, raggiungibile in pochi istanti per chi arrivi in automobile o in treno (e non escludiamo gli elicotteri).
E i Maramotti, in cambio, cosa hanno dato alla città? Non poco. Essenzialmente una garanzia: restare a Reggio, dare lavoro a qualche migliaio di persone anche grazie all’indotto, starsene alla larga dalla politica locale. E contribuire al prestigio di Reggio con la Collezione Maramotti nella vecchia sede di Pieve Modolena, premi, contributi, concorsi musicali, sponsorizzazioni di alto livello. Va ricordato che Maramotti significa anche Credem, una banca voluta dal patriarca scomparso nel 2005, istituto bancario di spessore internazionale. E se osservate il centro storico degradato degli ultimi anni, i due negozi di abbigliamento superstiti e obiettivamente più belli sono Max Mara in via Emilia San Pietro e il più recente Max&Co in piazza Prampolini.
Per queste sommarie ragioni, le lavoratrici e gli eventuali sindacati e l’eventuale sindaco Massari e più su la stessa segretaria Schlein non potranno muovere un dito per le condizioni di lavoro di cui ci si lamenta. Il potere politico a Reggio nulla può davanti ai grandi superiori interessi di chi comanda il mondo. Faranno un paio di sit in, le lavoratici, il sindaco le ascolterà e tutto finirà in nulla. Perché in fondo, come motteggiava Andreotti, il potere logora chi non ce l’ha.
Per completare il panorama industriale di Mancasale hanno fatto fallire le Fiere, ora che sta fallendo la via Emilia in centro storico i Maramotti avranno buon gioco per acquistarla come vetrina, e nessuno più parlerà di Ztl.
Come al solito severo ma giusto il Direttore!
Grande articolo!