Il mondo senza Battiato

Franco Battiato black

Franco Battiato compie oggi settantasei anni, ma per i tanti di noi che lo amano è come se nel suo caso nascita e morte fisica fossero dettagli. L’ultima dichiarazione di chi gli è più vicino ha riferito di ritiro dalle scene e dalla vita pubblica. Le ragioni, è stato lasciato intendere, hanno a che vedere con motivi di salute. I tentativi di curiosare nella privacy del maestro sono fortunatamente stati respinti con discrezione.

È come se Battiato avesse preso congedo dalla sua opera per vivere gli ultimi anni nella sua “amata solitudine, isola benedetta”. Se ne celebra il compleanno a prescindere dal suo “corpo oggi”. Lo si può leggere come un lungo addio. O perfino lasciarsene trasportare secondo le leggi del Bardo, lo stato di attesa dell’anima prima di una nuova incarnazione, secondo i principi del buddhismo tibetano a cui il genio catanese ha dedicato un docufilm nel 2014.

Il ruolo di Battiato tra la seconda metà del Novecento e i primi anni del nuovo secolo è già consegnato alla storia della musica universale, non solo italiana, tuttavia sarebbe gravemente incompleto ridurne la portata alla musica leggera o leggerissima, come è in voga oggi.

Se negli anni Ottanta hai ballato con “Centro di gravità permanente” e più tardi ti sei commosso con “La cura”, difficilmente non sarai stato incuriosito da un personaggio come lui. Un alieno, nella musica leggera. Uno sperimentatore ai tempi del progressive. Un suonatore da balera lombarda per sbarcare il lunario negli anni Sessanta. Un pittore, un cineasta, un irriducibile cercatore del Vero nel vicino ed estremo Oriente. Un musicista coltissimo capace di vendere più di un milione di dischi con un solo album in Italia (“La voce del padrone”, 1981). Un uomo attratto dalla religiosità piuttosto che dalle religioni organizzate. Un sufi nato a Ionia, piccolo borgo di mare alle pendici dell’Etna, che portò il suo nome per un anno soltanto, il 1945, giusto in tempo per dare un senso estetico alla carta di identità del maestro.

In questi infiniti mesi di pandemia Battiato ha rappresentato una possibile via d’uscita per dare un senso a quanto abbiamo vissuto e stiamo vivendo. È raro che l’opera di un musicista travalichi la dimensione ricreativa e consenta invece, per chi se ne senta portato, un veicolo sul quale compiere “voli imprevedibili ed ascese velocissime”.

Chi appartenga alla generazione boomer ha più di un motivo per conoscere e amare Battiato, da chi appunto frequenta la musica colta come a chi apprezzi invece la “leggerissima”. Ma ci arrivano inevitabilmente anche i più giovani, quelli che ne hanno trovato gli album o i cd nella collezione di mamma o papà.

“Senza centro né principio”, come l’oceano di silenzio che Wojtyla volle ascoltare in udienza speciale in Vaticano, Battiato si situa oggi in un lento percorso di commiato da quella Terra che ha attraversato cominciando dai piedi di un vulcano. E in quel commiato l’energia sprigionata dal vulcano esplode, vola, cade e si raffredda, per poi ritornare a essere cenere e polvere, nel ciclo eterno del divenire.