I migliori anni della nostra vita. L’intervista: Bertolini ricorda Lanzi

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In questo tempo di epidemia, purtroppo, in molti hanno perduto qualcuno di caro, un amico o una persona conosciuta.
Noi oggi vogliamo ricordare Paolo Lanzi, che se n’è andato l’altro giorno: il corpo preso dal Coronavirus, ma lo spirito di certo libero.

Parliamo di Paolo Lanzi con un suo storico amico, Vincenzo Bertolini, segretario provinciale del Pci di Reggio Emilia dal 1983 al 1989. ” Dal 1981 ero segretario del Pci cittadino che era più importante di quello provinciale”, aggiunge lui.
E infatti 40 anni fa la politica era un’altra cosa: il segretario cittadino comunista era più importante del segretario provinciale, il quale era più importante del sindaco che a sua volta era più importante del parlamentare. Non parliamo poi del consigliere regionale, ritenuto alla stregua di un titolo onorifico ben retribuito.

Era quello un mondo che a guardarlo adesso sembrerebbe capovolto. E in quel tempo Vincenzo Bertolini, a cui Paolo Lanzi si rivolgeva chiamandolo “Bertuleìn”, era una persona politicamente influente.

Paolo Lanzi tribuno e segretario della Fiom

Vincenzo Bertolini: “Più che amici mi piace pensare che fossimo fratelli. E’ vero che lui mi chiamava Bertuleìn. E io da giovane lo chiamavo Lansia, come l’ansia, perché quando era un sindacalista si arrovellava, pensava… si faceva serio”.

Quando ha conosciuto Paolo Lanzi?

“Nel 1969 direi che ho cominciato a frequentarlo bene. Ci scrivevamo anche. Ma in realtà ci conoscevano già da prima. Eravamo tutti e due nella Fgci: lui era la sinistra, con i duri e puri. Io nell’ala dei pre-miglioristi, diciamo i socialdemocratici. Poi Paolo è diventato un funzionario del partito, era nella commissione fabbriche, l’unica commissione che nel partito di quegli anni vantasse ben 2 funzionari. Eravamo ancora una terra di contadini, la sola  fabbrica sul territorio di una certa consistenza era la Lombardini, vissuta dai sindacalisti come una specie di Fiat nostrana”.

Vincenzo Bertolini

E che cosa vi univa?

“Per cominciare lo sport. Perché lui era già un corridore, un podista, e andava forte. E già allora nuotava e usava la bicicletta… E poi avevamo un appuntamento fisso: i tortelli a casa sua, a Villa Cella. Quelli che faceva a mano e cucinava sua mamma, tutte le domeniche a mezzogiorno, estate e inverno”.

Ma il segretario del Pci e quello Fiom che rapporti avevano, litigavano?

“Litigavamo sempre. Ogni giorno. Ma poi, come ho detto, più che amici eravamo fratelli. Posso dire che nel tempo lui cominciò a venire sulle mie posizioni politiche. E sotto la guida di Paolo Lanzi, accadde una cosa storica per Reggio Emilia, un fatto che ebbe una eco nazionale. La dura Fiom provinciale, una tra le più pure d’Italia, assunse posizioni riformiste”.

Lei segretario del Pci e Lanzi segretario della Fiom, in quegli anni, siete andati assieme anche alla scoperta dell’America. Come andò?

“Sì con la Federcoop, con la cooperazione. Beh, ricordo intanto che non ci volevano fare partire. L’aereo aveva un motore in avaria. Ma poi, non so bene come, dopo ore, hanno detto che il problema era risolto e si poteva decollare. Io ero talmente preoccupato che mi sono addormentato. Poi siamo sbarcati sulla West Coast, abbiamo girato la California. Ci eravamo fatti l’idea che gli americani fossero un po’ dei semplicioni, dei creduloni, anche se erano gente simpatica. Mi ricordo che ci guardavano con curiosità, eravamo considerati strani, perché di sinistra. Una volta una signora si avvicinò e mi chiese: è vero che le donne in Italia portano il velo?”.

Qual è un ricordo, su due piedi, che le viene in mente pensando a Paolo?

“Quella volta che si doveva sposare e all’improvviso sparì nel nulla e nessuno sapeva dov’era andato a finire. Io venni accusato di avere complottato con lui, di averlo coperto. E mi arrabbiai pure, perché di quella fuga non ne sapevo niente.
Oppure, quando terminato il lavoro nel sindacato, era entrato come dirigente nella cooperazione. Con quel suo modo ironico e beffardo si presentava alle riunioni e diceva: ‘Io sono qui, perché mi ci ha messo Bertolini’. Nel giro di breve i cooperatori si erano fatti l’idea che li volessi fare spiare. Ho chiamato Paolo, gli ho detto: ma se fai così ci danneggiamo a vicenda… Lui era fatto così”.

Poi lei è stato un esponente dell’ala migliorista del Pci, in compagnia di Giorgio Napolitano, Gianni Cervetti (ex segretario amministrativo di Berlinguer), gli scomparsi parlamentari di Parma e Mantova, Renato Grilli e Massimo Chiaventi. Anche Paolo Lanzi era su quelle posizioni?

“Si interessava di politica, ma non frequentava più. Aveva già chiuso da anni il libro del marxismo. Era a tempo pieno sulla filosofia, la meditazione, le sue passioni sportive e la voglia di vivere”.

Un pensiero.

“Ho vissuto con te gli anni più belli della mia vita. Ciao, Paolo”.

(Ferruccio Del Bue)

 

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