Abbiamo raggiunto telefonicamente Roberta Carrese, sul secondo gradino del podio nell’edizione 2015 di The Voice of Italy, nel team di Piero Pelù.
In arte, semplicemente Carrese, Roberta è uscita con la ballad “Vetro” (Rumore di zona / The Orchard) poche settimane fa, secondo singolo a distanza di pochi mesi da “Smart”.
C’è un vetro che ci separa anche oggi, ma sono felice di sentirla al vento della sua terrazza romana e vederla in forma, anche attraverso lo schermo del telefono.
Hai dichiarato che ti fionderai in studio non appena finita la quarantena, per registrare un altro singolo che vuoi fuori prima dell’estate. A quando il disco?
Abbiamo deciso di lavorare per singoli, anche per avere più tempo per arrivare alle persone. Conto di farne uscire almeno cinque quest’anno e di festeggiare l’inizio del prossimo, con l’uscita del disco.
Vetro è un pezzo in cui ti racconti, una sorta di dialogo allo specchio: c’è una sorta di effetto terapeutico nel parlare di sé al mondo?
In questo pezzo, nato una mattina di ottobre del 2018, ho raccontato me stessa. Non è dedicato a nessuno in particolare, ho immaginato un dialogo allo specchio
Assolutamente sì. Chi mi conosce bene, può ritrovarmi nel testo di “Vetro”. Chi mi vuole conoscere, anche. Ho fatto una sorta di autoanalisi di me stessa: quali sono le mie debolezze, come sono fatta. Penso di essere fragile, ma nel contempo tagliente come il vetro; se mi si rompe posso diventare intoccabile e devo stare da sola per risolverla per conto mio.
Strizzi l’occhiolino allo scenario inglese e alla musica soul: chi sono i tuoi punti di riferimento?
Per “Vetro” abbiamo scelto Prince, ci siamo ispirati molto al suo sound soprattutto per le chitarre e poi ai Beatles, perché il fatto che il pezzo si evolva e poi esploda sul finale, l’ho pensato alla “Ehi Jude”: ho sognato questo pezzo all’interno del live e volevo che durasse tantissimo, perché mi piacerebbe usarlo al termine del concerto e farlo cantare a tutto il pubblico presente. In generale, poi, mi ispiro a tantissimi artisti e soprattutto italiani: Nicolò Fabi, che reputo avere uno spessore altissimo; Coez, Calcutta – molto più contemporanei – di cui adoro la scrittura e la leggerezza del sound.
Sono passati diversi anni da The Voice che, di fatto, possiamo considerare la tua prima esperienza televisiva: è stata formativa? E come ci sei finita, da zero a dieci?
Il talent è stata un’esperienza di crescita all’interno del difficile contenitore televisivo e mai un punto di arrivo. Io ho fatto the voice per gioco; mi ero trasferita a Roma da meno di un anno, non conoscevo nessuno, ero totalmente immatura dal punto di vista sia televisivo che musicale. Soprattutto, non avevo mai scritto nulla di mio. Mi sono presentata con la purezza di una ragazza che veniva dalla provincia di Caserta, che amava la musica e che ha sempre e solo cantato le canzoni dei suoi artisti preferiti.
Da uno a dieci, quindi, esperienza totalizzante, perché non poteva finire meglio di così; ma un dopo the voice da 5, perché mi mancavano le basi per andare avanti.
Grazie al programma, infatti, ho avuto tanto da parte del pubblico, che mi sono portata dietro, che mi ha seguita, che mi ha arricchita, sostenuta; ma è un percorso che non consiglierei, oggi come oggi, a chi non ha un proprio progetto in atto. Io purtroppo, e nonostante un secondo posto, uscita da lì non avevo nulla e dire: questa cosa mi ha penalizzata, ma nel contempo mi ha dato anche la spinta per poter arrivare a dire la mia.
Mi sono solo dovuta prendere il tempo per farlo.
Il tuo percorso è difatti molto concreto. Uscita dal talent hai suonato voce e chitarra per due anni in tutta Italia, poi hai temporeggiato; ti sei ritirata per scrivere ma, nel contempo, hai anche dovuto iniziare a fare un altro lavoro per sostenerti. Hai fatto la commmessa: ti è capitato che ti riconoscessero?
Sì, questa cosa è capitata più volte: ho lavorato per un marchio di gioielli in un grande magazzino. Alcuni si fermavano e mi dicevano che mi avevano già vista, o sentita; qualcuno che era venuto ai miei live; però non ho mai vissuto questo lavoro come un ripiego e non mi ha mai pesato, dal punto di vista psicologico. Ho imparato un sacco di cose sotto tantissimi aspetti, prima tra tutte, cosa significasse allontanarsi dalla musica.
Per ragioni economiche, finché non si fa a certi livelli il lavoro di musicista, non ti da certo da vivere e allontanarmi, mi ha fatto capire ancora di più che volevo far quello nella vita. Attualmente sto cercando un altro lavoro e qualunque lavoro sarà, sarò comunque più felice di prima di farlo, perché oggi almeno, lo faccio con dei pezzi in tasca rispetto a qualche mese fa.
Isolarsi volontariamente può essere necessario, se non lo avessi fatto – del resto – non avresti scritto così tanto; ma quando l’isolamento diventa forzato? Come stai vivendo la quarantena? Cos’è cambiato nella tua vita?
Già, proprio così. Sto vivendola a Roma, sono con un’altra persona e sicuramente questo è un bene, perché da sola sarei probabilmente impazzita, ma devo dire che la sto vivendo malissimo. Continuo a lavorare sulle mie canzoni, anche se non vedo l’ora che finisca.
Io sono sempre positiva e solare, e mi manca avere contatto con le persone, con gli amici e i musicisti con cui collaboro; magari bersi una cosa, avere l’ispirazione, andare in studio a mettere giù una strofa.
Ti hanno coinvolta in challenge, iniziative varie da #iorestoacasa?
Sì, ho partecipato a diverse dirette live, per diverse pagine; una tra tutte, si occupa di stare vicino a chi ha difficoltà, chi ha problemi di omofobia e via dicendo e per alleggerire la loro giornata, abbiamo fatto compagnia con dirette musicali.
Che fai quando non suoni? E che musica ascolti?
Amo cucinare, quindi sicuramente faccio questo quando non faccio musica: sto sperimentando tanto in questi giorni. Poi io non bevo, non fumo, amo prendere il sole e cerco di prenderlo tutti i giorni, conduco una vita sana.
Al momento non sto cercando tanta musica nuova, ma piuttosto sto ascoltando album di artisti molto conosciuti, colossi; magari è il momento, una sorta di nostalgia: da Lucio Dalla ai Led Zeppelin, da Franco Battiato ai Pink Floyd; tanti generi diversi, ma sto attenendomi alla musica che ha sempre fatto parte della mia vita…
Bene, se dovessimo fare delle stories insieme oggi, che colonna sonora sceglieresti? Intanto decidiamo che storia fare…
Oggi farei la pizza in teglia, impasto alto; sottofondo di Aretha Franklin, “A natural woman”.
Qual è il calendario dei “must to do” da mettere in atto finito il lockdown?
Per prima cosa, ho appena sentito la mia produttrice Marta Venturini, andrò a registrare le voci del brano che uscirà prima dell’estate: la produzione è finita, mancano solo quelle!
Poi, andrò in Campania dai miei genitori, che non vedo da almeno tre mesi.
E niente sbronze. A Pasqua ha voluto brindare come da tradizione, ma le è bastato un dito di vino per stare malissimo.
Ultimi commenti
ah beh adesso il centro verrà sicuramente assaltato... iniziative prive di dignità urbanistica. ma davvero regalando qualche centesimo si crede di risolvere i problemi della
Ossessionato dai soldi… degli altri! Dategliene un po’ anche a lui, si accontenterà delle briciole che cadono dalla tavola!
Certo che il neo.nato comitato pro casa della salute (con annesso centro sociale/briscola) inventato all' ultimo miglio per giustificare che il conad si farà!!!, è