Con il nuovo Psr agli agricoltori dell’Emilia-Romagna 132 milioni di euro in più rispetto al precedente

rotoballe nel campo

L’assessore all’agricoltura della Regione Emilia-Romagna Alessio Mammi ha illustrato in commissione politiche economiche la delibera della giunta Bonaccini sul “Complemento di programmazione per lo sviluppo rurale del Programma strategico della Pac 2023-2027″, ricordando che entro il 30 settembre la Regione dovrà presentare al governo la proposta dell’Emilia-Romagna, che l’esecutivo discuterà poi con la Commissione Europea.

“Il nostro impegno – ha detto Mammi – è quello di far uscire una decina di bandi della nuova programmazione 2023-2027 prima della fine dell’anno”. Durante la seduta sono anche stati nominati i relatori di maggioranza (del Partito Democratico) e di minoranza (Lega). Eventuali emendamenti e osservazioni saranno presentate dai consiglieri regionali la prossima settimana.

Considerando nel nuovo settennato 2021-2027 anche i due anni del Psr (Piano di sviluppo rurale) di transizione 2021 e 2022, come è emerso dalla relazione dell’assessore Mammi, gli agricoltori emiliano-romagnoli avranno a disposizione 132 milioni di euro in più rispetto al precedente settennato, nonostante all’inizio ci fosse all’orizzonte un’ipotesi di riduzione del 18%. “Il Covid ha fatto comprendere il valore strategico dell’agroalimentare”, ha sottolineato Mammi.

L’Unione europea ha individuato più risorse (anche con il Next Generation dedicato all’agricoltura), così come hanno fatto lo Stato e le Regioni. Il risultato per l’Emilia-Romagna è stato quello di arrivare ad avere a disposizione 913 milioni per lo sviluppo rurale, una cifra che la colloca al primo posto per valore delle risorse ottenute tra le regioni del centro-nord Italia: il 40% di queste risorse (quasi 372 milioni) arrivano dall’Europa, mentre il restante 60% si divide tra finanziamento statale (379 milioni) e regionale (162,5 milioni).

Tra i tanti punti del complesso e corposo documento, l’assessore ha sottolineato come siano state triplicate le risorse – il piano nazionale prevede 700 milioni – per aiutare gli agricoltori a difendersi dalle calamità climatiche (ma anche dagli insetti che distruggono le coltivazioni) e per la creazione di fondi mutualistici.

Sono quattro i macro obiettivi del Psr dell’Emilia-Romagna: competitività e imprese, ambiente e clima, sviluppo socio-economico delle aree rurali, conoscenza e innovazione.

Circa 300 milioni sono destinati alla competitività e al reddito delle aziende (oltre 100 milioni alle aziende di montagna e dei territori svantaggiati, 120 milioni per l’innovazione e la trasformazione, 40 milioni per le imprese condotte da giovani).

L’ambiente, il clima e la sostenibilità potranno contare su 400 milioni per – tra le altre cose – la riduzione delle emissioni e dei fitofarmaci, la tutela della biodiversità, le produzioni integrate e biologiche, la tutela delle razze pregiate negli allevamenti e il benessere animale. Sono 20 i milioni a disposizione per la creazione di laghetti e invasi per la raccolta delle acque.

L’assessore Mammi ha anche evidenziato gli obiettivi comunitari e regionali, mostrando come la Regione in alcuni casi sia già oltre le soglie fissate: l’Unione europea, ad esempio, chiede di investire almeno il 35% delle risorse nell’agroambiente e nel clima, ma l’Emilia-Romagna è già oltre quota 44%. Stessa cosa per quanto riguarda le misure per i gruppi di azione locale (Gal: quota minima del 5%, l’Emilia-Romagna è al 6,4%) e le risorse per le aree montane (la richiesta è che siano almeno il 10%, in Emilia-Romagna sono il 18%).

L’assessorato all’agricoltura ha indicato le priorità del Psr al 2027: sostenere l’occupazione, la crescita e il reddito delle imprese, la qualità della produzione e la dignità della sicurezza dei lavoratori; il ricambio generazionale; la qualità dell’ambiente che affronta il cambiamento climatico e la riduzione della chimica; il sostegno al biologico e agli allevamenti e alle razze in via di estinzione; il sostegno al settore forestale; la promozione della digitalizzazione e dell’innovazione; l’attrattività dei territori marginali, per evitare lo spopolamento e per garantire sicurezza ai territori. Ci sono poi quattro priorità trasversali: attenzione ai giovani, alle produzioni sostenibili e di qualità, alle aree montane e interne, alle imprese condotte da donne.