Caso Bibbiano: assistenti sociali o notai?

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di Stefano Salsi (°)

In merito al processo sui fatti di Bibbiano leggo stamane su un giornale locale che il Pm, onde prolungare i tempi della prescrizione per alcuni addebiti (cambiando con una palese forzatura dopo anni di indagini i capi d’imputazione), equipara le relazioni degli operatori a veri e propri atti notarili. Tali relazioni in realtà sono testi volti a definire un contesto, riportare i fatti e le relazioni tra i soggetti coinvolti, scritte da professionisti che hanno competenze in materia psicologica e sociale e non certo in ambito giuridico.

Un assistente sociale ha un reddito di 1.300 euro al mese ma quando redige un rapporto deve avere la stessa competenza giuridica di un notaio che ha un reddito medio circa 15 volte superiore.

A queste condizioni, se fossero considerate vere, invito gli assistenti sociali a rifiutarsi d’ora innanzi di produrre relazioni notarili, che vanno ben oltre le proprie competenze, richiedendo invece al proprio servizio le seguenti garanzie:

– presenza obbligatoria di telecamere a ogni colloquio con gli utenti e gruppi di lavoro;

– presenza di un notaio come estensore materiale delle relazioni necessarie;

– disponibilità di un avvocato pagato dal servizio a tutela del proprio operato in caso di legittime contestazioni da parte di utenti, parenti, cittadini (cosa peraltro frequente data la complessità della materia).

Chiedere ad un assistente sociale di svolgere anche mansioni da notaio sarebbe come chiedere a un pubblico ministero di svolgere anche funzioni di psicoterapeuta professionista o, che ne so, di ingegnere termonucleare?

(°)  – Stefano Salsi, amministratore delegato Fondazione Enaip – Don Magnani.

Nella foto: ritratto del XVI secolo raffigurante il notaro Raniero, dipinto dal pittore fiammingo Quentin Massys.