In provincia di Reggio 6 imprese su 10 hanno ridotto l’attività durante l’emergenza Coronavirus

chiuso covid

Come hanno reagito le imprese reggiane di fronte dell’emergenza Covid-19 e alle chiusure imposte dai decreti che si sono susseguiti dallo scorso marzo in poi? Una prima risposta è arrivata dai dati analizzati dall’Ufficio studi della Camera di Commercio di Reggio: i risultati dell’indagine, frutto delle interviste alle imprese effettuate tra il 25 maggio e il 9 giugno scorsi, evidenziano come quasi sei imprese reggiane su dieci abbiano svolto la propria attività a regime ridotto, mentre per il 35% delle aziende l’attività non si è discostata eccessivamente dai regimi pre-emergenza.

Il 6,8% delle imprese della provincia, invece, ha dichiarato di aver sospeso l’attività e sta valutando un’eventuale chiusura. Per quanto riguarda quest’ultimo indicatore i dati sono leggermente migliori rispetto all’intera Emilia-Romagna (7,7%) e inferiori di quasi tre punti percentuali rispetto al dato nazionale (9,6%).

Il rischio di cessazione dell’attività è presente in misura maggiore per le imprese dei servizi (8,7% delle intervistate), comparto rispetto al quale il lockdown ha inciso più pesantemente sulla funzionalità dell’azienda. In alcuni settori la quota di imprese che sta prendendo in considerazione l’ipotesi della chiusura ha superato abbondantemente il dato medio: per le aziende dei servizi di alloggio e ristorazione e quelli turistici, ad esempio, la percentuale ha raggiunto il 16%, e un analogo discorso può essere fatto per le imprese dei servizi alle persone (16,6%).

Tra le attività manifatturiere, invece, quelle che stanno pagando il prezzo più elevato sono le industrie del sistema moda, per le quali il rischio di chiusura è valutato dall’11,3% degli imprenditori; quasi due aziende su tre, inoltre, hanno lavorato a regime ridotto negli ultimi mesi.

È il terziario, in ogni caso, il settore che ha dovuto ridurre in misura maggiore la propria attività. Se mediamente il dato complessivo si attesta al 61,2%, la filiera turistica supera quota 78%, mentre i settore trasporti e logistica raggiungono il 66%.

Analizzando infine i settori industriali che hanno continuato l’attività con un’intensità simile a quella pre-crisi (mediamente il 43% del comparto), sono state le imprese della trasformazione alimentare e delle bevande quelle che hanno retto meglio di fronte all’emergenza sanitaria: la quota di aziende del settore ha raggiunto infatti quota 53,4%, mentre è del 50% circa la percentuale stimata per il comparto ceramico e per le industrie metallurgiche.