Calenda in Marelli. Operai non parlano

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Carlo Calenda è andato a Crevalcore, in provincia di Bologna, dove l’azienda Magneti Marelli ha deciso di chiudere lo stabilimento. Il leader di Azione ha cercato di parlare con gli operai dell’azienda che si trovavano davanti ai cancelli in segno di protesta ma i tentativi sono andati a vuoto.

“Non volete parlare? Non volete confrontarvi? Pensate che sia utile? Che funzioni come metodo? Che porti qualche risultato? Bene mi pare di capire che non ci sia interesse a un confronto”, ha detto Calenda.


La polemica. “Vado alla Marelli. La Fiat sta vendendo tutte le attività italiane, ha venduto Magneti Marelli nel disinteresse generale. Io ho detto che la sinistra e la Cgil da quando ‘La Repubblica’ è stata comprata dagli Elkann hanno smesso di fare la battaglia. La Fiom e solo la Fiom ha detto che non sono gradito. Io sono un senatore della Repubblica e vado dove voglio andare, nessuno può impedire a un cittadino italiano di fare ciò che vuole e soprattutto intimidazioni e minacce non sono degne di un Paese democratico e antifascista”. Così il leader di Azione Carlo Calenda intervenendo a ‘Tagadà’ su La7.

 

A stretto giro di posta la replica della Fiom:” Riteniamo le affermazioni di Carlo Calenda, contenute in un video pubblicato sui social in riferimento alla vertenza Marelli, gravissime e offensive non solo per la Fimo e la Cgil, ma anche per tutte le lavoratrici e i lavoratori.
In un momento così delicato in cui la vita, il lavoro, l’occupazione sono a rischio leggere di un esponente politico che al posto di difendere i lavoratori specula per un minuto di celebrità rende poco onorevole il ruolo di deputato della Repubblica.
La Fiom e la Cgil in questi anni, non hanno mai smesso di battersi per la dignità del lavoro, la difesa dei posti di lavoro e per un vero piano industriale di Marelli in grado di garantire futuro agli stabilimenti italiani e alle lavoratrici e ai lavoratori.
Accecato dall’odio contro il segretario Generale della Cgil, Calenda dimostra di non sapere nulla e di non essersi nemmeno documentato su quanto i lavoratori e il loro sindacato hanno fatto in questi anni.

Abbiamo difeso la fabbrica, gli impianti, i posti di lavoro anche quando le case tremavano per le scosse del terremoto del terribile 2012. Quel giorno c’era Maurizio Landini ai cancelli della Marelli di Crevalcore.

Abbiamo lottato tutte le volte che vedevamo commessa un’ingiustizia; abbiamo chiesto garanzie industriali e di commesse al momento della cessione da parte di Fca; abbiamo proposto la realizzazione di un polo nazionale di componentistica per il settore automotive anche con la partecipazione dello Stato; abbiamo contrattato il rientro nel contratto dei metalmeccanici; oggi vogliamo una giusta transizione che non sia pagata da chi lavora.
L’abbiamo fatto sempre con serietà. L’abbiamo fatto sempre con rispetto. Quel rispetto e quella serietà che Carlo Calenda non riconosce. Pertanto sappia che per noi non è ospite gradito al presidio permanente ai cancelli della Marelli di Crevalcore perché noi siamo qui per difendere il futuro occupazionale e
produttivo e non per un post sui social network.

Mentre venerdì era stata la volta della segretaria del Pd Elly Schlein tra gli operai di Crevalcore. “Siamo con voi nella richiesta che venga ritirata la chiusura dello stabilimento Marelli di Crevalcore, va salvaguardato questo sito produttivo in questo territorio, perché vuol dire anche salvare le competenze e i saperi che voi avete e che sono fondamentali per una politica industriale che troppo a lungo è mancata in questo Paese e che dobbiamo costruire”.

Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, ai lavoratori della fabbrica nel Bolognese. “Non ci sono scuse – ha aggiunto Schlein – ci sono le risorse del Pnrr che vanno in questa direzione e ci sono anche altre risorse importanti”. La segretaria del Pd si rivolge “anche al governo: ci sono 6 miliardi sull’automotive – sottolinea – che il governo precedente aveva già messo a disposizione.

E bisogna decidere come farlo. La risposta viene da Crevalcore, viene dalla vostra lotta quotidiana. Quelle risorse vanno messe a supporto di questa filiera. Una filiera che adesso non ha un problema di produzione, quindi si tratta di una scelta politica da parte della proprietà che guarda esclusivamente al margine di profitto ed è inaccettabile che avvenga sulla pelle di 229 lavoratori”.

“Su questo bisogna alzare la voce – conclude Schlein – e avere il coraggio di guardare indietro: se siamo arrivati qui evidentemente sono mancati gli investimenti che servivano, adesso non è troppo tardi per farlo”.