È stato identificato anche in Emilia-Romagna un primo caso di monkeypox, il virus che causa il cosiddetto “vaiolo delle scimmie”: si tratta di un uomo di 35 anni di nazionalità cilena che nel pomeriggio di mercoledì 25 maggio si è presentato al pronto soccorso del policlinico Sant’Orsola di Bologna.
Durante la visita il paziente ha mostrato di essere comunque in buone condizioni di salute, evidenziando un numero limitato di vescicole cutanee, alcune delle quali sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi. È stato quindi sottoposto al tampone previsto in questi casi, che prevede l’analisi di un campione del liquido contenuto in una delle vescicole.
Il test virologico effettuato dal Crrem (il laboratorio di riferimento regionale per le emergenze microbiologiche del policlinico Sant’Orsola) ha confermato l’ipotesi clinica: il paziente è risultato infatti positivo al Mpxv, il Monkeypox virus, ed è stato ricoverato in isolamento nel reparto di malattie infettive dell’ospedale emiliano.
Secondo quanto riferito dal paziente stesso, l’uomo aveva alloggiato a Madrid all’inizio di maggio, ed è proprio in Spagna che con ogni probabilità sarebbe stato contagiato: a metterlo in allerta è stata la notizia della chiusura di un locale (dove anche il 35enne aveva effettivamente passato del tempo) per l’emergere di diversi casi di positività ad esso collegato. Lo scorso 24 maggio, prima di arrivare in Italia, il trentacinquenne cileno aveva viaggiato anche in Germania.
Il Mpxv è un virus che è stato identificato per la prima volta nelle scimmie in cattività nel 1958, e poi nel 1970 in un uomo residente nella Repubblica democratica del Congo. La malattia, denominata “vaiolo delle scimmie”, è una malattia infettiva piuttosto rara nell’uomo, ma già conosciuta e diffusa soprattutto in Africa.
Il virus si trasmette attraverso il contenuto liquido delle vescicole, che compaiono in alcuni punti sulla pelle dei soggetti infetti. In passato alcuni casi sporadici sono stati identificati negli Stati Uniti, in Israele, a Singapore e in Gran Bretagna, sempre collegati a viaggi o trasporti di animali da aree considerate a rischio. La malattia, in ogni caso, è benigna e di solito regredisce spontaneamente in un tempo compreso tra le due e le quattro settimane, anche senza terapie specifiche.
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