Un’indagine della Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi) ha evidenziato lo stato di affanno della rete ospedaliera regionale dell’Emilia-Romagna nella fase post-emergenza pandemica, con problemi che riguardano soprattutto la carenza di personale e di posti letto e difficoltà organizzative.
A pesare sul sistema sono anche le forme del cosiddetto “long Covid”, con i postumi della malattia che continuano a perseguitare alcuni pazienti – la stima è tra il 5 e il 10% del totale – anche dopo la negativizzazione e la (apparente) guarigione. Il sintomo più diffuso rimane quello della stanchezza cronica, l’età media dei casi invece varia tra i 30 e i 60 anni.
I percorsi che sono stati creati per l’assistenza di queste persone, secondo Fadoi, non sono sufficienti: “La medicina interna sta gestendo i pazienti a cui viene riscontrata la positività del tampone per Covid ma che necessitano di un ricovero per altre problematiche internistiche in assenza di sintomatologia riconducibile al Covid”, ha spiegato il presidente di Fadoi Emilia-Romagna Maurizio Ongari, che è anche direttore dell’unità operativa di medicina dell’ospedale di Porretta Terme.
Questa modalità assistenziale, “anche se condivisibile, si scontra spesso con difficoltà logistiche (difficoltà nel reperire spazi idonei) e con necessità assistenziali aumentate che rimangono però “isorisorse”. Questo costituisce sicuramente una criticità che dovrà essere affrontata sia con interventi strutturali che sul personale”.
Inoltre, ha concluso Ongari, “la complessità dei pazienti che attualmente vengono gestiti all’interno dei reparti di medicina, sempre più acuti e ad alta instabilità clinica, sta ponendo l’attenzione sulla necessità di organizzare delle “aree critiche” provviste di dotazione tecnologica adeguata e di personale formato dedicato per affrontare queste particolari situazioni cliniche”.
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