In Egitto c’è stata una nuova sessione di udienza per Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna (dove stava frequentando il master europeo Gemma in Studi di genere e sulle donne) fermato il 7 febbraio del 2020 dalla polizia all’aeroporto del Cairo – dove si era recato per trovare parenti e amici – e detenuto ininterrottamente da allora nel complesso penitenziario di Tora con l’accusa di “istigazione a manifestare, esortazione a rovesciare il regime e diffusione di false informazioni in grado di perturbare la sicurezza e la pace sociale”.
L’accusa è relativa alla pubblicazione di alcuni post apparsi su un account Facebook, che tuttavia i legali di Zaki sostengono non essere riconducibile al giovane studente.
Si attende ancora, in ogni caso, la decisione della corte, che potrebbe disporre la liberazione di Zaki o optare invece per un ulteriore prolungamento di 45 giorni della sua custodia cautelare in carcere. Per Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, “questa attesa ogni volta aggiunge crudeltà a crudeltà; un’attesa che Patrick ha vissuto ormai da più di 17 mesi, aspettando un esito che porti finalmente giustizia. Speriamo che sia la volta buona e vedremo cosa decideranno i giudici”.
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