La Procura di Reggio, guidata dal procuratore Gaetano Calogero Paci, ha chiesto e ottenuto la riapertura delle indagini sull’omicidio di Aldo Silingardi, il pensionato di 78 anni barbaramente ucciso il 9 luglio del 2012 nel suo casolare di via Lemizzone, nelle campagne di Correggio, probabilmente durante un tentativo di rapina.
Un cosiddetto cold case, visto che all’epoca le indagini non riuscirono a individuare l’autore della brutale aggressione. La vittima fu trovata in cucina con il cranio fracassato, e per oltre 13 anni il responsabile l’ha fatta franca.
Le cose, però, potrebbero presto cambiare. Le nuove indagini sul caso, svolte con il prezioso aiuto dei carabinieri del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma, si sono concentrate su un’impronta palmare individuata già all’epoca, durante il primo sopralluogo, sulla gamba del tavolo di legno utilizzata dall’assassino come arma del delitto. Al tempo l’impronta fu confrontata con quelle dei principali sospettati, ma con esiti negativi: non risultò infatti attribuibile a nessuno di loro.
Le sofisticate ricerche effettuate dalla Sezione impronte del Ris di Parma hanno innanzitutto stabilito, in maniera certa e definitiva, che l’impronta era stata lasciata proprio da chi aveva utilizzato la gamba del tavolo per percuotere a morte la vittima, escludendo che fosse precedente all’omicidio.
Le indagini sono poi giunte all’identificazione del presunto responsabile dell’efferato delitto, che nel frattempo era stato fermato e fotosegnalato per altre vicende. Gli specialisti del Ris hanno periodicamente inserito l’impronta nella banca dati Apfis (acronimo di Automated palmprint & fingerprint identification system, un sistema automatico di identificazione delle impronte palmari e dattiloscopiche), provvedendo anche nel tempo a compararla con altre impronte a loro inviate e appartenenti a persone indagate e imputate per altri fatti. Le comparazioni dell’impronta palmare di via Lemizzone con quasi 70 soggetti, tuttavia, negli anni avevano sempre dato esito negativo.
La svolta è arrivata lo scorso 10 aprile, quando finalmente è stata trovata una corrispondenza. I risultati delle analisi, condotte sempre dai carabinieri del Ris di Parma, hanno consentito di identificare la persona a cui è riconducibile l’impronta palmare trovata sulla scena del crimine: si tratta di un uomo di 37 anni di nazionalità marocchina, che nel 2012 era residente a poca distanza dall’abitazione della vittima. L’analisi ha escluso contaminazioni successive e ha evidenziato la corrispondenza con i rilievi fotosegnaletici dell’indagato.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’uomo – che all’epoca dei fatti aveva 24 anni – sarebbe entrato in casa di Aldo Silingardi per derubarlo. Una volta scoperto, si sarebbe accanito contro l’anziano, colpendolo brutalmente con vari oggetti trovati nell’abitazione e infierendo anche quando l’uomo era ormai a terra, per poi allontanarsi con il suo portafoglio.
Alla luce dei nuovi elementi emersi, la Procura reggiana ha chiesto al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Reggio un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell’indagato, che è stata però negata. A quel punto la Procura ha presentato ricorso al tribunale del Riesame di Bologna, che ha invece accolto l’istanza ritenendo la misura richiesta l’unico strumento idoneo a garantire le esigenze cautelari, considerata la gravità dei fatti contestati, la supposta pericolosità sociale del trentasettenne e il rischio concreto di fuga. L’esecuzione di tale misura, però, è sospesa fino a quando la decisione del tribunale bolognese non sarà divenuta definitiva.







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