In ER l’export ha contenuto i danni (-2,9%)

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Per l’economia regionale emiliano-romagnola l’export rimane una leva fondamentale sulla quale la crisi pandemica ha inciso, anche se in modo più ridotto di quanto si potesse prevedere.

La conferma è arrivata dall’analisi dei dati Istat sulle esportazioni delle regioni italiane nel terzo trimestre del 2020, effettuata dall’ufficio studi di Unioncamere Emilia-Romagna: dal report è emerso come nel periodo estivo dello scorso anno, durante il quale le imprese – grazie all’abbassamento contestuale della curva epidemiologica – hanno potuto operare in condizioni più vicine alla normalità per il temporaneo allentamento delle misure anti-Covid, è stato possibile contenere notevolmente il calo dell’export rispetto allo stesso trimestre del 2019.

Le esportazioni emiliano-romagnole sono risultate pari a poco più 15.707 milioni di euro, corrispondenti al 14,3% dell’export nazionale, con una flessione del 2,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: un calo, certo, ma decisamente più contenuto rispetto al crollo del trimestre precedente, quello tra aprile e giugno, che aveva fatto segnare un rosso di -25,3%.

L’Emilia-Romagna si è confermata così la seconda regione italiana per quota dell’export nazionale, accusando un impatto paragonabile a quello del Veneto (-2,5%) ma molto inferiore rispetto ad altri territori del nord come Piemonte (-7,8%) e Lombardia (-7,9%). La sorpresa, invece, è stata rappresentata dalla Toscana, dove le esportazioni sono addirittura aumentate dell’1%

Per quanto riguarda i settori economici, la pandemia di nuovo coronavirus ha avuto effetti diversi e il segno “meno” ha prevalso in poco più della metà dei comparti considerati. A risentire in misura maggiore delle conseguenze dell’emergenza sanitaria sono state le esportazioni dell’aggregato delle industrie della moda (-12,3%) e dell’industria della metallurgia e dei prodotti in metallo (-13,4%), ma è risultato fortemente penalizzato anche l’export del fondamentale settore dei macchinari e delle apparecchiature meccaniche (-4,4%).

Al contrario, hanno retto alle difficoltà connesse all’epidemia Covid-19 l’industria dei mezzi di trasporto (+8% delle vendite estere), quella della lavorazione di minerali non metalliferi (ceramica e vetro, +5,2%) e quella delle industrie chimica, farmaceutica e delle materie plastiche (+4,2%), trainate dal formidabile incremento del 36,4% dei prodotti farmaceutici.

I risultati ottenuti sui mercati di sbocco hanno risentito della composizione dell’export regionale e dell’intensità con la quale la pandemia ha colpito in ogni singolo paese del mondo. Il mercato europeo, fondamentale per l’export dell’Emilia-Romagna, ha subìto una contrazione dell’1,7%, più marcata nella sola Unione (-2,4%) e leggermente superiore nell’area dell’euro (-2,7%).

La tendenza negativa è stata contenuta anche nel complesso dei mercati asiatici (-2,7%), mentre è risultata ben più evidente in quelli americani (-9,3%). Segno rosso anche per quanto riguarda l’Africa (-6,4%), mentre è stato registrato un buon exploit sui mercati dell’Oceania (+18%). Suddividendo per singoli Paesi, l’export verso Germania e Francia si è caratterizzato in negativo ma in linea con la media dell’area europea, mentre è andata peggio in Spagna (-10,8%), negli Stati Uniti (-12,9%) e in Russia (-13%). Non sono mancati tuttavia i segni positivi: Polonia (+3,5%), Canada (+6,2%), Regno Unito (+8,4%) e soprattutto Cina (+18,1%).