Un nomade ossessionato dalla bellezza

zeman
8

Il titolo della bella autobiografia di Zeman ci fa emergere dalla memoria, un po’ come la famosa “madeleine” di Marcel Proust, due titoli di libri di un’altra epoca: “La vita come arte” del filosofo Ugo Spirito e “Vita come opera d’arte” di Gabriele D’Annunzio. La suggestione si ferma qui, naturalmente, anche se la bellezza (o l’estetica) di cui parla “Zdengo” (come lo chiamava Casillo, il presidente del Foggia o di Zemanlandia) sta in quel 4-3-3 che non solo è uno schema di gioco ma è una filosofia di vita. «C’è una bellezza che dobbiamo ritirare fuori. Ho sempre pensato che nella vita bisogna essere zemaniani: attaccare, rimanendo sé stessi». Così Damiano Tommasi, ex centrocampista della Roma e ora sindaco di Verona. Una bellezza che si è scontrata con un mondo del calcio sporcato dal doping e dalla triade Moggi-Giraudo-Bettega che, nel 2006, costò alla Juventus la serie B.

A Zeman l’ostracismo. «Una volta Casillo mi disse: “Sai qual è il tuo unico difetto? Che parli troppo…”. Ma come? Se mi chiamano “U mutu”. “Sì, ma una tua frase, una tua mezza parola, fa più rumore di un monologo di due ore”». A Predazzo, nel luglio del 1998, in ritiro con la Roma, durante un incontro con i giornalisti gli fu chiesto che cosa non gli piacesse del calcio italiano. La risposta dell’allenatore boemo: «Io vorrei che il calcio italiano uscisse dalle farmacie e dagli uffici finanziari e rimanesse soltanto sport e divertimento … Ma il calcio oggi è sempre più un’industria e sempre meno un gioco».

Qui non staremo a ricostruire tutta la vicenda perché nota ed è lungamente ricordata nelle pagine autobiografiche della “Bellezza non ha prezzo” che secondo qualcuno si sarebbe potuto intitolare “Il prezzo della bellezza” «ma – scrive Zeman – avrebbe dato a questo viaggio il sapore amaro di ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. Invece non è questo il senso, perché non ho alcun rimpianto. Rifarei tutto. Si può essere vincenti senza trofei in bacheca».
La lettura del libro è un viaggio nello sport come dovrebbe essere (e non è). Insieme a “Zdengo” e al suo eterno pacchetto di sigarette, partiamo da Praga (sotto l’imminente dittatura comunista, 1948), dove è nato nel maggio 1947; lo seguiamo esule a Palermo – ospite dello zio Čestmír Vycpálek, prima giocatore delle Juventus e poi, nei primi anni Settanta, anche allenatore – dove inizia la sua carriera di coach che lo porterà in giro per l’Italia: Licata, Foggia, Parma, Messina, Roma (dove allenerà sia la Roma sia la Lazio), Napoli, Pescara, Salerno, Brescia, Cagliari e all’estero in Turchia, in Serbia, in Svizzera.

Un nomade in cerca della bellezza.

«I viandanti vanno in cerca di ospitalità/nei villaggi assolati/e nei bassifondi dell’immensità /e si addormentano sopra i guanciali della terra /forestiero che cerchi la dimensione insondabile. /La troverai, fuori città /alla fine della strada» (Battiato, “Nomadi”).

(Zedeněk Zeman, con Andrea Di Caro, La bellezza non ha prezzo. L’autobiografia, Rizzoli, 2022, pp. 289, 18,50 euro, recensione di Glauco Bertani).

(Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia).

 

 

I nostri voti


Stile narrativo
8
Tematica
8
Potenzialità di mercato
8