Mentre il mondo passa da una crisi all’altra, con impatti pesanti sul sistema economico, stretto tra gli effetti delle sanzioni e l’impennata dei costi energetici, il presidente di Confindustria Emilia Valter Caiumi scommette sulla tenuta del sistema produttivo.
Il costo del conflitto in Ucraina sarà salatissimo: un miliardo di euro è la perdita secca dell’export verso la Russia, una stima per difetto che non contempla gli effetti indiretti legati ai prodotti che transitano da paesi come la Polonia. Tuttavia, è la convinzione di Caiumi, le imprese sapranno reagire, soprattutto se avranno le spalle “coperte” da governi stabili e duraturi: “Abbiamo la fortuna nei nostri territori di essere molto poliedrici: questa grande capacità di avere molte filiere dà una compensazione e una stabilità molto importanti”, sottolinea il numero uno degli industriali di Bologna, Modena e Ferrara parlando all’agenzia di stampa DiRe.
“Il nostro territorio è molto interessante. Con operazioni che garantiscano sempre più stabilità di governo nei prossimi anni, questa attrattività può allargarsi ad altre parti dell’Italia. Se il nostro Paese riuscirà ad avere una stabilità proiettata nel tempo, sono convinto che chiamerà molti investimenti, sia europei che da fuori dall’Europa”, assicura Caiumi.
Insomma, “riusciremo a tenere sotto controllo il trend economico. Siamo dinamici e sono fiducioso, anche se mi rendo conto che ormai dobbiamo affrontare una nuova difficoltà ogni due mesi. Ci dobbiamo abituare a far fronte alle intemperie che si presentano”, avverte. Anche il conflitto scoppiato in Ucraina costringerà le imprese a ripensare strategie e linee di sviluppo del business, cercando mercati alternativi alla Russia, che ancora per alcuni anni sarà una destinazione off limits.
Molte aziende hanno già interrotto le relazioni commerciali con Mosca, un po’ per le sanzioni, ma anche per le incertezze sui pagamenti. “È una precauzione che stanno prendendo tutti. Ci troviamo di fronte a una situazione molto dubbiosa sotto l’aspetto del pagamento, complicata dalle uscite di Putin che dice che la Russia pagherà i propri debiti in rubli. Ciò esclude ogni tipologia di relazioni. Non sarà facile continuare a lavorare sul mercato russo”, ammette il presidente di Confindustria Emilia.
“Anche se questa guerra dovesse interrompersi, e mi auguro che avvenga il più presto possibile per quello che sta avvenendo a livello umano, sono convinto che sia impossibile, se non nel giro di qualche anno, risaldare i rapporti con la Russia. Finché c’è Putin non sarà per niente facile. È un mercato che per moltissimi imprenditori si allontanerà molto”, constata.
Nell’immediato significa una miliardo di esportazioni in meno nel 2022: “Ci potrebbero essere in aggiunta ulteriori perdite di export verso gli stati che di per sé, come la Polonia, indirettamente hanno relazioni con la Russia”, spiega Caiumi. Ovviamente l’impatto non sarà omogeneo su tutti i settori. Oltre all’automotive, che si approvvigiona in Ucraina, a essere colpite saranno anche le imprese del settore moda, già alle prese con le conseguenze della crisi pandemica.
“Per fortuna non sono tantissime le imprese sbilanciate sul mercato russo. Nella media sono un po’ di più. In tanti settori la Russia può essere una quota di mercato non così alta, anche se parliamo sempre complessivamente di un miliardo di perdite. Per chi è principalmente esposto su questo paese, l’unica cosa che si può fare è immaginare che ci siano dei contributi da parte dello Stato italiano. Parliamo sempre di soluzioni straordinarie, come è già stato per il Covid. Il contributo statale, peraltro, copre solo una piccola parte del danno che un’impresa subisce”, evidenzia Caiumi.
“Ho il timore che qualche impresa ne resterà danneggiata, per chi era sbilanciato al 20-30% sul mercato russo l’impatto sarà notevole. Bisognerà trovare altri sbocchi e, per qualche anno, cambiare prospettive”, aggiunge.
Il presidente di Confindustria Emilia misura anche gli effetti sull’occupazione: “Si faceva fatica a trovare del personale in molti settori. Era difficile dare sostanza agli ordini in modo da poter produrre e consegnare. Sotto questo punto di vista non sono così preoccupato: siccome eravamo in difetto, non avevamo forza lavoro sufficiente, anche se ci fosse un piccolo calo, è un calo della crescita”, rassicura.
Il boom dei costi energetici è un altro fattore che rischia di frenare la ripresa. Per questo è necessario correre ai ripari il più in fretta possibile. “La cosa vergognosa di questa situazione è che ci costringe a fare due cose: è probabile che gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e quelli al 2050 in qualcosa slitteranno, perché comunque le risorse dovranno cambiare destinazione, dall’ambiente alle armi, sperando di non usarle”, prevede Caiumi.
“Investiremo milioni di euro in tecnologie che speriamo di non utilizzare e poi dovremo spendere per smaltirle. Una situazione penosa, da un secolo fa”, scuote la testa. “Mi auguro che l’Europa faccia corpo unico: dobbiamo cercare di importare gas da altri paesi, ma ci vorrà tempo. Noi, come Italia, possiamo solamente operare molto bene sulle fonti alternative, su pannelli fotovoltaici ed eolico: le imprese che hanno questa possibilità devono fare questi investimenti per rallentare gli impatti della crisi energetica. Per questo, una parte degli investimenti del Pnrr dovrebbe essere destinato a favorire questo modo di produrre energie alternative anche per le imprese”, è la proposta del leader confindustriale.
Che ha fatto il punto anche sulle azioni intraprese dall’associazione di via San Domenico per fronteggiare la crisi ucraina: “Siamo partiti su due fronti: mantenere aggiornatissimi, in tempo reale, i nostri associati su tutto quello che sta accadendo; inoltre stiamo cercando di portare il nostro contributo alla popolazione dai paesi vicini, Polonia e Slovacchia, con beni di prima necessità e medicinali”.
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