Sulla scuola vige solo la politica dei tagli

Giuseppe Caliceti Baobab

Al circolo Gardenia, qualche giorno fa, c’è stato l’incontro più interessante di questa campagna elettorale reggiana: i candidati di tutti i partiti hanno risposto alle stesse domande. Tempo a disposizione: tre minuti. Il direttore del Carlino Reggio ha posto interrogativi di politica nazionale e locale: dalla ormai mitologica Diga di Vetto al fisco, dal fiume Po, al problema del lavoro e del caro bollette. Colpisce che nessun partito abbia pensato prima a qualcosa del genere, neppure alla rinnovata Festa del Pd al Campovolo.

Ho avuto l’opportunità di fare ai candidati anche una domanda sulla scuola. E’ stato Luigi Berlinguer il primo a parlare di autonomia, di riduzione dei fondi statali e necessità per la scuola pubblica di trovare sul territorio sponsor aziendali. Ma tutti i governi, di centrodestra o centrosinistra, sulla scuola hanno compiuto una progressiva riduzione. Così, non ho chiesto parole o programmi, ma numeri, euro, miliardi da investire sulla scuola pubblica.

Per esempio, nel governo Berlusconi, ministro all’Istruzione Gelmini, sono stati tagliati alla scuola 8 miliardi, di botto, tolti non sostituendo i pensionati con altri neoassunti (150mila docenti). Nella storiella nostra Repubblica, il più grande «licenziamento» mai avvenuto. E non a opera di un privato, ma di una istituzione. Pensate alla mobilitazione per 5mila possibili licenziamenti in Alitalia; per la scuola, silenzio, anche da parte delle famiglie degli studenti.

A ogni modo, risposte alle domande pervenute dai candidati?

Poche e vaghe.

Quasi nessuno ha dato numeri.

Nel del centrodestra, c’è chi ha parlato anche di scuola privata; tra quelli di centrosinistra, si è accennato vagamente ad alcuni numeri, – la più generosa è stata Carlotta Bonvicini, anche se ha spiegato che molti fondi sarebbero destinati più all’edilizia scolastica che al resto, cioè a un funzionamento migliore della scuola.

Il rappresentante dei Cinquestelle ha parlato di un piccolo aumento dei fondi nel governo Conte: merito, però, più della pandemia che di una vera visione politica.

C’è anche stata una coraggiosa presa di responsabilità di De Franco, Pd, che ha fatto autocritica – auspicando un rapido superamento della Buona Scuola di renziana memoria.
L’augurio è che, almeno per una volta, il trend verso il basso sia invertito. Magari partendo da una base minima di 8 miliardi, come il taglio inferto nel 2008 dalla Gelmini.

Troppo poco?

Certo. Ma accontentiamoci e andiamo a votare ricordandoci che in tanti Paesi del mondo non esiste la possibilità di esprimersi con un voto libero. E per ottenere questa libertà, e tramandarla a noi, in Italia, sono morti tanti nostri antenati.