Fabio Mora: il mio posto migliore

cover_singolo_FabioMora

E’ “tana” per Fabio Mora, eclettico cantautore emiliano, già noto per essere il frontman della band I Rio e del duo Mora e Bronski, che dopo mesi di creativa solitudine, esce dal nascondiglio del bianconiglio con il nuovo singolo “Il mio posto migliore”.

Fabio è il primo inedito da solista, un nuovo progetto parallelo: com’è scattata la scintilla? Quando hai sentito la necessità di partire per il tuo viaggio in solitaria? Complice il confinamento?

<<E’ il primo brano che faccio da solo, perché da solista non mi è mai piaciuto come termine, sembra stare a significare di non aver fatto niente prima, mentre mi sento pienamente e costantemente parte degli altri progetti che ho sposato e che portiamo tuttora avanti. Poi la produzione è stata gestita con Bronski, l’altra faccia della medaglia nel duo – quindi – è come se non fosse cambiato nulla.
Ti dirò, avrei voluto farla con gli altri – con i quali l’ho subito condivisa – ma non erano pronti, non avevano gran voglia di far sentire la propria voce in questo particolare momento storico, tutti provati da questo anno funesto. Io ho invece sentito l’urgenza di buttare fuori questa canzone. Ho affrontato il lockdown con creativtà; ho approfittato del momento di tranquillità e ho cominciato a produrre moltissimo>>.

Non vale, mi hai anticipato, ti stavo per chiedere come l’avessero presa…

<<I Rio sono un gruppo molto particolare: al di fuori della musica non ci vediamo mai; Bronski escluso, col quale ho un rapporto più longevo. Quando siamo in giro insieme è “baracca”, ma una volta arrivato a casa sono completamente al servizio della mia privacy, dei miei affetti, delle mie cose personali. Amo essere in un altro mondo; amo separare la vita privata, da quella lavorativa.
Li ho sentiti, ho raccontato a tutti che avevo voglia di fare questa cosa, ma per loro era presto. Sebbene ora sia temporaneamente tutto fermo, l’importante è questo progetto, come l’altro, sia ancora vivo per noi>>.

Adrenalina o quiete? In buona sostanza, qual è il tuo posto migliore?

<<Vorrei che la gente ci vedesse quello che crede. Molti hanno pensato che io lo abbia dedicato alla mia compagna (e mi ha fatto anche piacere), ma voleva essere universale. L’ho scritto per tutti quelli che mi seguono da tempo: quello che mi è mancato di più in questo periodo è stato proprio l’abbraccio sincero del pubblico. Io sono un solitario, ma trovarsi costretti all’isolamento – quasi come fuorilegge, rischiando in un contatto come in una stretta di mano – mi ha dato davvero da fare.
Per questo, il tuo posto migliore dovrebbe essere sempre quello dove stai veramente bene, tra le braccia di chi ami e ti sostiene, in senso lato, pubblico incluso>>.

Hai firmato diversi videoclip musicali delle tue diverse band, ma questo non hai ancora pensato di farlo, o aspetti il momento migliore?

<<Non l’ho voluto fare, perché sono stato soverchiato da tutto quello che è andato in rete. Mi occupo anche della comunicazione di tutti i nostri progetti e ho visto una valanga di video, di canzoni che mi scorrevano davanti durante il lockdown.
Ho preso le distanze dalla musica, mi sono saturato: tutti possono fare video, canzoni, ma siamo andati oltre; ed io, forse per dispetto, forse per essere distante da tutto questo, ho invece staccato la spina.
Poi, diciamoci la verità, non ho nemmeno avuto il lampo di genio che rappresentasse al meglio quello che avevo scritto e farlo per farlo, a quel punto, mi sembrava un “di più”.
Negli anni ’70, del resto, si “viaggiava” con il testo di una canzone e romanticamente mi piaceva l’idea che questo brano potesse rientrare in questa visione>>.

Diamo una forma e un colore preciso ad ogni tuo progetto…

<<Beh, I RIO direi che sono un arcobaleno; E’ un gruppo solare, spesso rapportato all’estate.
MORA E BRONSKI, invece, è come un prisma di contrasti precisi, di bianchi e di neri, cui vederci attraverso per trovare le varie sfumature di grigio. Nella prima seria pausa artistica da I RIO, abbiamo avuto la possibilità di coltivare altre passioni che avevamo relegato in un angolino, messo da parte da troppo tempo, ed è nato il duo. E’ “il lato oscuro della forza”.
Il progetto da solo, infine, è un miscuglio di entrambe le cose. E’ la chiusura di un cerchio, un bel 360°. E’ arrivato con serenità e in un momento in cui ho trovato la mia dimensione, il mio equilibrio>>.

Cos’è cambiato?

<<Avevo voglia di stare bene, erano troppi anni che vedevo cambiamenti attorno alla musica. Non ero giovanissimo quando ho iniziato, figurati adesso che sono diventato grande: come può vivere un uomo di mezza età, ascoltando la radio di adesso? E’ cambiato tutto, il mondo che conoscevo è quasi scomparso. I giovani non sanno nulla della mia storia e non gliene può fregare nemmeno niente. Così, spaesato, ho dovuto ritrovare il mio posto migliore nella musica. La musica per me è come respirare e stavo male perché non mi ci trovavo più: ho dovuto ricollocarmi, ho trovato la quadra e ad un certo punto, tutto è tornato al suo posto. Non posso farlo in modo diverso, la mia radice è questa e quello fatto prima non si deve cancellare: vado quindi avanti, cercando di essere presente e il più attuale possibile. Ho trovato un vestito adatto per la canzone, coerente alla scrittura, senza aver dovuto togliere nessuna parte di me>>.

E’ appena partito, ma è un progetto sporadico o cosa? Siamo curiosi di avere già qualche anticipazione sugli sviluppi…

<<Sinceramente, volevo buttarla fuori senza tanta comunicazione. Lasciarla all’imprevisto, vedendo dove potesse arrivare. Poi, confrontandomi con chi mi segue da anni nella comunicazione, sono stato persuaso dall’idea di costruirgli intorno un po’ più di sostanza. Non mi aspettavo che entrasse in classifica su iTunes e poi la risposta concreta e calorosa delle persone, quindi mi è venuta la voglia di dargli un seguito.
Ho tante cose vecchie nel cassetto, mai pubblicate; da febbraio ad oggi ho scritto una montagna di altri pezzi; alla fine – chissà – può darsi che farò un mini album. Per ora mi godo serenamente l’effetto che ha creato questa>>.

Le braccia di chi ami, i porti sicuri… Cos’è per te la stabilità, concetto spesso incorporeo, teorico, fuori mano rispetto al dna di un artista eclettico?

<<Aver trovato equilibrio tra vita privata e musica è stata la chiave. Ho avuto la fortuna di potermi esprimere tutta una vita con la musica. Ne ho combinate tante. La musica è stata il ponte che mi ha permesso di arrivare alle persone e senza musica probabilmente sarei stato una bomba a orologeria. Da persona solitaria quale sono, non sarà bello da dire, ma ho vissuto il lockdown a vantaggio di questa ricerca di stabilità: mi sono goduto la mia famiglia, le mie bambine. Ascoltare musica, dormire insieme senza l’angoscia della sveglia è stato bellissimo e, di contro, mi fatto scattare l’esigenza di scrivere. Quindi avevo da una parte l’equilibrio degli affetti e, dall’altra, la fase creativa che mi toglieva qualche sfizio restituendomi grande soddisfazione>>.

Torneremo mai ad urlare, saltare ed abbracciarci durante un concerto?

<<Assolutamente sì. E’ quello che più ci manca. Ci vorrà tempo, saremo dominati da regole, ma torneremo alla normalità. Amo la fantascienza, ma non riesco a vedere un mondo in cui indossiamo i caschi mentre passeggiamo per i prati in cerca di farfalle. Siamo animali e la vita in comunità è un’esigenza>>.