Roberta Giallo, “La città di Lucio Dalla”

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È uscito in occasione del compleanno del cantautore bolognese, il brano “La città di Lucio Dalla”, di Roberta Giallo: un’intensa dedica al maestro, amico e mentore – il suo confidenziale Oz, come lei amava soprannominarlo – e alla sua città, da sempre gioviale, accogliente, umana, aggregante.
Una storia autobiografica che inizia nella città dei portici, dove s’incrociano i sogni da realizzare, ma anche i timori, gli incontri e soprattutto l’amicizia e la gratitudine, non solo della vulcanica artista, ma dei tanti giovani che incappano in Bologna, colmi di aspettative e desideri.
Un’ode pop – come la connota la stessa artista – che la coinvolge in tutti i sensi, perché anche a lei Bologna ha spalancato le porte, permettendole di fare incontri che hanno influenzato il suo percorso artistico.
La raggiungiamo telefonicamente mentre è al Teatro Comunale “V. Antonellini” dell’Aquila con l’Orchestra dell’ISA (l’Istituzione Sinfonica Abruzzese) e Federico Rampini voce autorevole del giornalismo italiano, per un interessante viaggio nell’economia spiegata e raccontata con il ritmo, le melodie e i testi, indimenticabili e inconfondibili, dei Beatles, a cui lei presterà la voce.

Parliamo – in primis – di questa eterna gratitudine, Roberta.
<<I miei genitori hanno passato la loro giovinezza a Bologna, dove hanno studiato. Nel mio immaginario, quindi, era già una città energica, accogliente, piena di stimoli. Io sono nata a Senigallia, ma sono arrivata nel capoluogo emiliano, come loro, per studiare. Ho fatto Filosofia. Città universitaria, piena di giovani ma anche di turisti, né grande né piccola, Bologna è bella sia dal punto di vista architettonico che umano; unisce.
Io desideravo incontrare Lucio, ma non mi sono mai adoperata perché questo accadesse. Fu poi il karma, o la vita, a regalarmi questo incontro. Cominciai a lavorare con Mauro Malavasi, già noto produttore che aveva arrangiato molti dischi di Lucio in passato: quando lesse il mio libro autobiografico, pensò di collaborare con me all’idea di portarlo in scena, dicendomi che l’unico artista che mi avrebbe potuta capire veramente sarebbe stato Lucio Dalla. Gli fece allora arrivare qualche provino e la bozza del romanzo.


Voglio incontrare questa ragazza, rispose: mi piace il suo modo di cantare, ha un bel mondo attorno. Mi ritrovai, così, a cena con Lucio e, da quel momento, partì una collaborazione professionale, ma anche una frequentazione umana senza eguali>>.

Che anni erano?
<<Credo fosse tra il 2009 e il 2010>>.

Anche nel videoclip, interamente girato a Bologna, catapulti l‘ascoltatore, in maniera tangibile, nei luoghi della città più o meno rappresentativi della storia di Lucio. Alcuni facilmente identificabili, mentre altri, a cui lo spettatore non può dare lo stesso valore che dai tu, perché rappresentano la tua verità e vita con Lucio come guida. Come hai scelto, quindi, le location?
<<Lucio era un assiduo frequentatore di Piazza Santo Stefano, anche conosciuta come il complesso de Le Sette Chiese. Forse la più famosa dopo Piazza Maggiore. Era inevitabile da inserire: non eravamo ancora amici, ma lo ricordo, con il suo pellicciotto, che passava spesso da li. Lui, poi, aveva un rapporto molto forte con la spiritualità, il sacro, la ricerca del divino; gestito naturalmente a modo suo. Tutte le mattine andava in Chiesa, in Piazza de’ Celestini. Nicolò Donati, il regista, ha quindi inserito altre parti della città, ma in prevalenza chiese, proprio per tenere vivo questo legame.
Altre parti del video sono girate sulla mia terrazza: io abito in centro, all’ultimo piano, e ho accesso a questo enorme tetto da cui posso vedere, in una direzione, la parte antica della città – quindi le due Torri, San Luca, San Petronio – mentre dall’altra, la Bolognina, quel rione di Bologna più moderno, metropolitano. La parte più “nuova”.
Ecco, questi due aspetti in qualche modo rispecchiano il carattere di Lucio: profondamente attaccato al passato e alla tradizione – curioso della storia – quel Lucio che portava con sè un mondo antico, millenario, di sensazioni e di cose – magari il primo Lucio, quello che interpretava le canzoni di Roberto Roversi – e l’altro Lucio, quello altrettanto capace di guardare avanti, verso al futuro, di conversare con i giovani, di essere trasversale con le generazioni.
Un altro luogo simbolico che ho fortemente voluto è il Laboratorio San Filippo Neri: non solo perché mi sono esibita in concerto più volte – e in qualche modo è anche merito di Lucio se ho potuto permettermi di esibirmi in certi contesti, perché senza esagerare posso dire che è la persona che più di chiunque altro ha influenzato il mio modo di essere sul palco e nella vita – ma anche perché li ho debuttato nello spettacolo “Il mio incontro con Lucio Dalla” con Ernesto Assante e, per la prima volta, ho cantato dal vivo questa canzone>>.

L’idea del suono sporco della puntina che appoggia nel solco del vinile a inizio brano, che immagino voluto, trovo sia molto romantica ed evocativa…
<<Sì, è assolutamente voluto: in parte, è una fissazione del produttore del brano, Enrico Dolcetto, che già nella lavorazione di un altro album, aveva questa cosa che doveva inserire il sapore del vinile a tutti i costi, ma glielo avevo impedito. Qui, invece, mi è piaciuto molto, perché questa canzone – di fatto – nasce da ricordo stesso del ricordo stesso. Scritta tanti anni fa, proprio poco dopo che Lucio ci lasciò, e scritta per rendergli grazie, per mantenere vivo il legame che avevo con lui, è rimasta invece nel cassetto a lungo, per pudore.
Oggi, invece, in occasione del decennale dalla scomparsa – che peraltro verrà celebrato in tutta Italia – e in occasione del debutto dello spettacolo che vuole omaggiarlo, ho accettato che fosse il momento che uscisse. Il lutto rimane, ma adesso dobbiamo fare spazio al ricordo bello e meraviglioso di Lucio, ed intendo ricordare lui e dire grazie a Bologna per avermelo fatto incontrare e per essere la città straordinaria che è. Spero, poi, che chiunque ascolti questa canzone venga affascinato dalla città e ancor più da Lucio, se già non lo ama alla follia come penso che sia per moltissime persone>>.

Sei una cantautrice poliedrica e versatile; un vulcano di energia e di competenza. Credo di avertelo già chiesto altre dieci volte, ma tra tutte le cose che fai -cantautrice, scrittrice, performer teatrale, conduttrice – quale di queste vesti con più equilibrio e soddisfazione?
<<La musica resta, come dico sempre, la bussola; la via maestra, la grande strada che percorro. Hai presente la strada di pietre gialle che va sempre verso il mago di Oz? La mia strada di pietre gialle è la musica: la ‘me’ cantautrice, poi interprete.
Ci scherzo sopra e mi definisco una cantautrice “italiena”, un po’ italiana un po’ aliena: diversa, perché mi piace perdermi anche in altri sentieri, che però nutrono la via maestra. Se non facessi tutto quello che faccio, anche la ‘me’ cantautrice avrebbe meno da dire, da raccontare, avrebbe anche meno sentimento da metter dentro le canzoni. Io credo di divertirmi a far tutto il resto perché poi torno alle canzoni, e metto dentro tanto la mia storia, come quella degli altri che mi affascinano. L’obiettivo fondamentale resta sempre l’esser contenta che ci siano persone che possano avere per un momento, o per tanti momenti, le mie canzoni come colonna sonora della loro vita; che si possano aggrappare ad una mia canzone e metterci del proprio perché ho trovato le parole giuste per dire qualcosa che loro sentivano ma non sapevano come dire. È la cosa che mi rende più felice: far ridere e far commuovere attraverso la musica>>.

Il giallo che ritorna sempre e naturalmente, Roberta. In carriera hai fatto incetta di premi: ne hai forse vinto uno, tra tutti, dopo il quale ti sei detta “bene, adesso sono a posto così”?
<<Sì, ti dico la verità, è andata proprio così: dopo aver vinto il Bindi, partecipai al Premio dei Premi, dove partecipano tutti i vincitori dei premi dedicati ai grandi cantautori italiani scomparsi. Vinto quello, ho detto basta. In quel momento della vita avevo collezionato molti premi importanti, cercavo un consenso di pubblico e critica. Con il Premio dei Premi ho convalidato il proposito, tanto è vero che adesso mi capita di essere spesso parte in tante giurie e non sarebbe giusto nemmeno a livello professionale. O stai da una parte, o stai dall’altra>>.

Si chiacchiera, sul filo invisibile che lega cose apparentemente distanti. Del resto, la nostra quotidianità è bombardata dalle coincidenze e continueremo ad interrogarci su quanto il caso incida sulle nostre vite.
E ci lasciamo con un ricco sorriso: perché tu Roberta non lo non sai, ma sono nata – come Lucio – il 4 marzo…