Reggio. Violenza contro le donne: in un anno in 360 all’ospedale

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Si celebra anche a Reggio Emilia, il 25 novembre, la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, designata dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, che ha invitato i governi, le organizzazioni e le Ong a realizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica indicando un giorno specifico. La data fu scelta – da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell’incontro femminista latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981 – in ricordo del brutale assassinio, avvenuto nel 1960, delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni.

Fra le iniziative a Reggio Emilia, la riflessione sul fenomeno, per una sempre maggiore presa di coscienza, sulla base dei dati – ma anche delle azioni compiute, delle testimonianze e dei risultati ottenuti – resi disponibili dalle diverse istituzioni e organismi riuniti nel Tavolo interistituzionale di contrasto alla violenza maschile contro le donne.

Il tavolo si è riunito stamane per fare il punto sul lavoro svolo e analizzare i dati e ribadire il proprio impegno a favore delle donne, a pochi giorni dalla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. “Essere una rete di istituzioni – ha detto l’assessora comunale alle Pari opportunità Natalia Maramotti – ci permette di dare una risposta adeguata ed efficiente in tutti i luoghi che le donne vittime di violenza incontrano, siano essi il pronto soccorso, il tribunale, gli sportelli dei servizi sociali o la Casa delle donne. Questo fenomeno è spesso sottovalutato da parte delle istituzioni, ma non certo qui a Reggio Emilia dove nel 2006 abbiamo dato vita a questa rete proprio per poter accompagnare le donne attraverso strutture e servizi che le facciano sentire ascoltate, credute e supportate”.

All’incontro, svoltosi al teatro San Prospero, hanno partecipato Germana Corradini, dirigente Servizi Sociali del Comune di Reggio Emilia; Francesca Ghirri, avvocata del Servizio Legale Comune di Reggio Emilia; Maria Lara Quattrone, Viceprefetto aggiunto; Marco Mescolini, Procuratore della Procura della Repubblica di Reggio Emilia; Maria Rita Pantani, Procura della Repubblica di Reggio Emilia; Raffaella Pellini, Ordine degli Avvocati; le dottoresse Francesca Santi e Maria Stella D’Andrea e l’infermiera di Pronto Soccorso Monica Orboni, Ausl Reggio Emilia; Alessandra Campani e Silvia Iotti, Associazione Nondasola, Casa delle Donne, Centro Antiviolenza; Antonietta Cestaro, Ufficio Scolastico Provinciale; Giovanna Fava, Forum Donne Giuriste.

La violenza maschile nei confronti delle donne, quella nelle relazioni affettive e quella perpetrata da sconosciuti nelle odiose forme dello stupro o delle molestie sessuali, anche quando non è tanto brutale da uccidere, mina alla base la convivenza civile di una comunità democratica che fonda la propria esistenza primariamente su un sistema organizzato di norme, capaci di garantire in primo luogo i diritti umani. Dunque la trascuratezza da un lato, o la mera condanna rituale dall’altro, sono posture che, su questo tema, un’Amministrazione pubblica deve respingere, anche perché minano alla base il senso del suo esistere.

La storia di Reggio Emilia è in controtendenza: 20 anni fa l’Amministrazione comunale della città, spinta dall’impegno di un gruppo di cittadine, aggregatesi in una associazione, Nondasola, ha saputo comprendere che la violenza di genere non è un’emergenza imprevista, né tanto meno un fatto privato, magari dissimulabile per vergogna e destinato ad emergere ogni tanto con etichette semplificanti e riduttive quali raptus, follia d’amore, delitto passionale. In quell’epoca l’Amministrazione comunale di Reggio Emilia comprese la necessità di dare una lettura politica alla violenza di genere, cercando di comprendere le ragioni che, in modo consustanziale alla nostra società, testimoniano il permanere di uno squilibrio di potere nelle relazioni uomo–donna. Risale infatti al 20 maggio 1997, l’apertura della Casa delle donne a Reggio Emilia, in gestione all’Associazione Nondasola, e risale a più di 10 anni fa, la coraggiosa azione di governance dell’Amministrazione comunale per una diffusa condivisione dei presupposti culturali necessari per combattere la violenza di genere, concretizzatasi nella costituzione del Tavolo interistituzionale di contrasto alla violenza maschile contro le donne, composto da Comune di Reggio Emilia, Prefettura, Tribunale, Procura della Repubblica, Questura, Carabinieri, Azienda Unità sanitaria locale, Ufficio scolastico provinciale, Ordine degli Avvocati, Associazione Nondasola, Forum Donne giuriste, Provincia di Reggio Emilia, Consigliera di Parità provinciale.

Da diversi anni, i media hanno dato una sempre crescente visibilità al fenomeno drammatico della violenza maschile sulle donne, contribuendo senza dubbio a rompere quel velo di segretezza, vergogna, complicità che per troppo tempo ha oscurato la violenza agita dagli uomini su mogli, fidanzate, sorelle, compagne ed ex.

La violenza, quella all’interno delle relazioni di intimità, non solo è più frequente, ma anche più complicata da interrompere perché nel quadro situazionale sono di solito compresenti l’amore, i sogni, i progetti di vita, i figli e le figlie, il ricatto economico, della famiglia, della comunità.

Le storie delle donne rendono con chiarezza questa complessità: storie personali raccontate rendendo una testimonianza dolorosa e utile alla collettività; donne che sono riuscite, insieme a coloro che le aiutano, a costruire percorsi, modalità, strategie, relazioni utili a riconoscere questa complessità e ad affrontarla.

Le ricerche in materia e le stesse vicende di cronaca inducono a ritenere lo strumento del Tavolo stesso, necessario per garantire quelle misure integrate, destinate a prevenire e combattere la violenza di genere cui si riferisce l’articolo 7 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nota come Convenzione di Istanbul.

Nei casi di uscita dalla violenza, dal momento della decisione alla richiesta di aiuto, inizia un cambiamento nel progetto di vita della donna che prosegue con un percorso di rielaborazione del vissuto, lungo e doloroso, attraverso un faticoso processo di trasformazione. Perché questo avvenga, occorrono molte risorse e strategie di intervento.

Il lavoro di rete è una strategia a cui è indispensabile ricorrere per attivare percorsi di ricostruzione di progetti individuali così complessi.

Diventa pertanto indispensabile mantenere costante l’attenzione su alcuni aspetti quali stimolare il lavoro di rete sulla violenza alle donne, perché è da più parti ormai condiviso che la violenza contro le donne, in particolare quella nelle relazioni di intimità, è una questione complessa che coinvolge molti aspetti della vita delle donne stesse: la salute, l’equilibrio psicofisico, le proprie relazioni sociali e affettive, il lavoro e l’autonomia economica. Non va dimenticato che, oltre alle donne, nelle situazioni di maltrattamento, sono coinvolti anche altri soggetti con i loro bisogni, le loro difficoltà e i loro vincoli: sono i figli e le figlie, le famiglie d’origine, le comunità di riferimento, gli uomini che maltrattano.

Per conseguire questo importante presupposto è necessaria una salda governance pubblica, capace di non essere mai paga dei risultati raggiunti sapendo che, su un tema così complesso e così fondante per la vita civile di una comunità, la corretta postura è quella di porsi continue domande; accanto all’azione è fondamentale un atteggiamento di costante ricerca.

L’esperienza decennale del Tavolo interistituzionale porta a ribadire che la violenza contro le donne è un fenomeno multidimensionale e necessita, per un’adeguata presa in carico, di una conoscenza specializzata, che implica l’assunzione di un approccio di genere e una modalità organizzativa che metta in primo piano il lavoro di rete.

Per raggiungere un vero approccio di rete occorre portare avanti obiettivi precisi: condividere un linguaggio comune tra chi interviene nel percorso di uscita dalla violenza; utilizzare adeguati strumenti di lavoro; partecipare attivamente ai gruppi di lavoro per la costituzione e il consolidamento della rete dei servizi per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere; attuare politiche di intervento che mettano al centro il lavoro di rete in quanto condivisione di responsabilità in un’ottica di reciproco riconoscimento.

In questo contesto, continua l’impegno quotidiano dell’Amministrazione comunale nel portare avanti azioni e iniziative finalizzate a contrastare le discriminazioni di genere e la violenza maschile contro le donne.

Anche per il 2018, il Comune di Reggio Emilia, in rete con i componenti del Tavolo, ha partecipato al Bando per la presentazione di progetti rivolti alla promozione ed al conseguimento delle pari opportunità e al contrasto delle discriminazioni e della violenza di genere, promosso dalla Regione Emilia-Romagna, con il quale si è aggiudicato il finanziamento del progetto AZIONE – Di generAzione in generAzione per un progetto di prevenzione della violenza maschile sulle donne.

Diverse le azioni realizzate:

– incontri formativi per la rete come il seminario di approfondimento “La violenza maschile nei confronti delle donne. Percorsi a sostegno delle donne tra vincoli e opportunità nella rete dei Servizi del Comune di Reggio Emilia” rivolto ad assistenti sociali, operatori sociali, educatori ed ai rappresentanti dello stesso Tavolo interistituzionale di contrasto alla violenza maschile contro le donne, e la giornata di autoformazione promossa dal Tavolo il 29 ottobre al Binario49, “Dialogo in Rete sulla Convenzione di Istanbul” rivolta ai componenti del Tavolo stesso ed a assistenti sociali, avvocati, medici che ha visto la partecipazione e l’intervento di Linda Laura Sabbadini, pioniera in Europa delle statistiche per gli studi di genere ed Eleonora Molinari, avvocata mediatrice familiare iscritta all’Aimef, mediatrice civile, docente abilitata presso il ministero della Giustizia in tecniche di mediazione, di negoziazione e gestione dei conflitti, oltre che avvocata del Forum Donne giuriste.

– Laboratori teatrali realizzati, tra gennaio e maggio, dall’Associazione Nondasola, all’interno di un istituto superiore di secondo grado di Reggio Emilia, coinvolgendo 160 studenti, in un’ottica di prevenzione della violenza maschile contro le donne e di promozione della cultura della parità.

– Campagna di prevenzione tra pari in occasione della Giornata mondiale contro la violenza, realizzata all’interno dei laboratori formativi condotti nelle scuole dall’Associazione Nondasola, coinvolgendo quattro classi di diversi istituti di secondo grado, a partire dai pensieri, idee e parole chiave dei ragazzi e ragazze coinvolti e dopo un confronto, che ha permesso di individuare alcuni dei campanelli d’allarme nelle relazioni affettive, il cui riconoscimento rappresenta una delle più efficaci strategie di prevenzione della violenza. La campagna è stata patrocinata dall’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna e sarà esposta nelle scuole del territorio, dal 21 al 30 novembre, al fine di sensibilizzare le giovani generazioni e promuovere una cultura delle pari opportunità che contrasti stereotipi di genere.

– Percorso di letture “Leggere tra le righe delle differenze. Io siamo noi, tanti io” promosso in occasione della manifestazione di divulgazione e promozione della lettura ‘Bibliodays – I giorni delle biblioteche’ dello scorso ottobre: volontarie dell’Associazione Nondasola e volontari e volontarie di Nati per leggere hanno letto e narrato, nelle 6 biblioteche del territorio comunale, letture sul tema delle identità di genere e degli stereotipi.

– Lo scorso ha preso avvio l’azione Cittadine in piazza che ha visto la presenza delle operatrici native e migranti del Progetto Lunenomadi, promosso dall’Associazione Nondasola a partire dal 2006: dedicato alla riflessione sulla migrazione femminile a partire dalla conoscenza e condivisione di vissuti, il progetto promuove politiche di inclusione ed è finalizzato a contrastare ogni forma di discriminazione; si svolge nei giorni di mercato cittadino in centro storico. I momenti informali di incontro realizzati hanno registrato un coinvolgimento crescente delle donne migranti, le quali, grazie soprattutto al passaparola, hanno animato in numero sempre maggiore questo spazio fisico e simbolico. Per la maggioranza di loro è diventato una sorta di appuntamento fisso importante sia per lo scambio e la relazione con altre donne, sia per l’acquisizione di informazioni utili a muoversi sul territorio e attivarsi per usufruire delle possibilità e risorse che offre. Alcune hanno trovato il coraggio di svelare alcuni vissuti di discriminazione o violenza subita in ambito familiare o di comunità, concordando in un secondo momento l’inizio di un percorso individuale di sostegno al Centro Antiviolenza o con le operatrici di Lunenomadi.

– Infine sono in corso incontri di gruppo con giovani donne, figlie di seconda generazione e gruppi di donne madri delle figlie di seconda generazione di concerto con il progetto La Repubblica delle nuove italiane promosso dal Comune di Reggio Emilia e il progetto Lunenomadi dell’Associazione Nondasola. Azioni che mirano a favorire l’inclusione sociale e incrementare la competenza civica delle donne immigrate offrendo loro la possibilità di mettere a frutto le proprie potenzialità e risorse e di sentirsi parte attiva della democrazia italiana.

In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, la Rete che raccoglie le principali istituzioni della città invita la cittadinanza a partecipare allo spettacolo teatrale ‘A piedi nudi verso Itaca. Storie di donne libere dalla violenza con l’Associazione Nondasola’, che andrà in scena per la prima volta, venerdì 23 novembre, ore 21, al Nuovo Teatro San Prospero, in via Guidelli 5: un gruppo di donne su un palcoscenico per dare corpo e voce a donne che ce l’hanno fatta. In nome di tutte le donne che, in questi vent’anni, hanno scelto e praticato il valore della libertà femminile contro la cultura della violenza maschile. Donne che, grazie alla relazione con l’Associazione Nondasola sono riuscite ad uscire da situazioni di violenza e a riprendersi, a testa alta, la loro vita. L’iniziativa è organizzata e promossa da Associazione Nondasola onlus in collaborazione con la Bottega creativa di Amélie ed il Comune di Reggio Emilia.

Da giovedì 22 novembre a mercoledì 28 novembre, al piano terra della Biblioteca Panizzi, saranno esposti libri a tema conservati nella Biblioteca Panizzi e accessibili al prestito; a corredo una bibliografia e filmografia in distribuzione agli utenti che è possibile scaricare dal sito www.bibliotecapanizzi.it- Sezione Vetrine e Bibliografie.

Domenica 25 novembre verranno illuminate di rosso la fontana di piazza Martiri 7 luglio e i ponti di Calatrava, come condiviso con le associazioni del territorio, in particolare con Zonta Club di Reggio Emilia.

VIOLENZA SULLE DONNE A REGGIO EMILIA – DATI 2017

Poli Territoriali dei Servizi Sociali

125 donne incarico per violenza di cui 40 nuove

Associazione Nondasola

331 nuove donne accolte presso la casa delle donne

Pronto Soccorso

360 le donne vittime di violenze che si sono rivolte al pronto soccorso

Consultorio Familiare

9 casi di violenza sono stati seguiti presso il consultorio

Procura della Repubblica

I reati registrati dalla Procura nel 2017 sono stati: 233 procedimenti per casi di maltrattamenti (art 572 cp), 119 casi di stalking (art 612 bis cp), 84 per violenza sessuale e minaccia (art 609 bis cp)

Ordine degli Avvocati

Su 362 richieste di gratuito patrocinio, ne sono state accolte 316. Di queste istanze presentate e accolte, 3 sono Ordini di protezione (art. 342 bis)

Forum Donne Giuriste

Ordini di protezione 2017: presentati 11 ricorsi

DATI NAZIONALI SULLA VIOLENZA: FENOMENOLOGIA ANALOGA A QUELLA LOCALE – In base ai dati emersi dall’ultima ricerca Istat Sicurezza delle donne”, anno 2015 in Italia, una donna su tre – quasi 7 milioni – tra i 16 e i 70 anni, nel corso della propria vita, ha subito qualche forma di violenza fisica o sessuale, mentre una su 20 ha subito violenze più gravi come stupri o tentati stupri.

A commettere i reati più gravi sono soprattutto i partner attuali o gli ex, autori del 63% degli stupri. Nel 38% dei casi la donna ha subito ferite, nel 36% ha temuto per la propria vita.

Una donna su 10 che ha subito violenza, vi è stata sottoposta durante la gravidanza.

Le violenze subite da parte degli ex partner sono o vengono percepite come più gravi rispetto a quelle del partner e producono diversi effetti psicologici e fisici. L’11% delle donne ha dichiarato di aver subito qualche forma di violenza sessuale prima dei 16 anni, prevalentemente ad opera di persone conosciute (quasi l’80%).

Emerge anche un fenomeno di trasmissione intergenerazionale della violenza: partner violenti risultano essere stati spesso vittime di violenza da parte dei genitori, mentre tra le donne vittime di violenze sessuali prima dei 16 anni l’incidenza di violenza fisica o sessuale da adulte è assai elevata (sino a oltre il 60% dei casi). Le donne più esposte alla violenza sono separate o divorziate, in modo particolare nella fascia tra i 25 e i 44 anni, tra le più istruite (con laurea o diploma), tra quelle che lavorano in posizioni professionali più elevate o che sono in cerca di occupazione.

Altra categoria a rischio sono le donne con problemi di salute o disabilità, vittime di violenza nel 36% dei casi.

Sempre a livello nazionale, le donne immigrate hanno subito violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita. Risultano più esposte alla violenza fisica (26% contro 20%) e meno esposte a quella sessuale (16% contro 21%), ma non agli stupri. Le italiane subiscono soprattutto violenze sessuali meno gravi come le molestie da parte di sconosciuti, mentre le donne straniere sono esposte in modo particolare alle azioni violente del partner o ex partner. Tra le cittadine immigrate, sono più spesso vittime di violenza le donne moldave (37%), romene (34%) e ucraine (33%). Seguono le donne marocchine (22%), albanesi (19%) e cinesi (16%).

Il confronto tra i dati raccolti a livello locale e quelli nazionali forniti dall’Istat (Indagine “Sicurezza delle donne” 2014) rivela l’esistenza di dinamiche simili per quanto riguarda il tipo di violenza prevalente, le caratteristiche degli autori e delle vittime.

Il dato più noto è che a commettere i reati più gravi sono soprattutto i partner attuali o gli ex. Secondo l’Istat queste figure sono autori di oltre il 60% degli stupri.