Quelli che stanno a casa

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Il dato più rilevante della micro-tornata amministrativa appena trascorsa riguarda a mio avviso il crollo della partecipazione dei votanti a Correggio. Dal 72% si è scesi al 59%, una diserzione in massa dalle urne in una cittadina un tempo impregnata del valore della partecipazione democratica come dogma assoluto trasversale. Correggio ha sempre fatto storia a sé, considerando se stessa come centro autonomo nel ricco scenario emiliano; la città di Antonio Allegri, di Germano Nicolini comandante partigiano e vittima dell’ipocrisia post resistenziale, di Pier Vittorio Tondelli, di Luciano Ligabue. Una città in grado di “prestare sindaci” a Reggio, e mai viceversa.
Non saprei quantificare l’eventuale delusione di una parte dell’elettorato correggese a fronte delle premature dimissioni di Ilenia Malavasi, che mesi fa scelse la carriera parlamentare invece della conclusione del mandato. Forse poco, forse nulla.

La vittoria del Pd – questo sì un dogma – non è mai stata in discussione, anzi i dem hanno fatto acquisti in altri campi (metodo antico quanto immorale) pur di presentare una coalizione pluralista. In questo caso vi si è prestata +Europa. Ma si tratta di scena, non di sostanza, e bene farà il Pd emiliano a prendere la questione sul serio cercando di comprendere le cause di una protesta silenziosa non casuale.

Secondo dato locale: nel Reggiano le relazioni tra Pd e 5Stelle non esistono. I post grillini si appoggiano a liste civiche più o meno improvvisate, ma quando accade la risposta è un flop. Da questi risultati derivano indicazioni precise per la ben più vasta tornata di amministrative nel 2024. A Reggio il Pd non potrà vincere da solo, dovrà creare una coalizione politica vera – ossia non una compagnia di funzionari spacciati per assessori e di liste confezionate per l’occasione – e non la potrà creare con i residui estimatori locali di Giuseppe Conte, i quali in questi anni si sono distinti nell’attacco ai dem rivolgendosi prima alla procura e poi all’opinione pubblica. Qui Elly Schlein dovrà mettere giù le voglie, sempre che le abbia.

Da ultimo, un terzo punto. Giorgia Meloni banchetta sugli alleati e vede riconosciuta un’azione di governo che la vede protagonista solitaria e assoluta. Ma la destra in terra reggiana ancora non riesce a espugnare le roccheforti della tradizione riformista, pure in presenza di aree di malcontento verso la giunta guidata da Luca Vecchi, al suo ultimo anno di mandato. Reggio sarà pure una città con problemi crescenti in ambito di manutenzione generale, di viabilità e di sicurezza, ma al suo interno continua a prevalere una visione progressista che non sembra attaccabile seriamente da un’opposizione di destra-destra. Che ragionevolmente candiderà sindaco un esponente di Fratelli d’Italia, più come figura di bandiera che come possibile vincitore.