Quando Costa scaldò gli animi del Politeama

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Dopo le esperienze giornalistiche dello Scamiciato e di Reggio Nova, Prampolini, la cui adesione alle idee socialiste era ormai sicura e convinta, diede vita a La Giustizia settimanale. Era il 29 gennaio 1886.
Il primo numero riportò il resoconto della conferenza tenuta da Andrea Costa al Politeama Ariosto di Reggio Emilia. L’invito era partito dal locale circolo socialista con lo scopo d’illustrare al popolo i valori storici, economici, sociali e morali insiti nel socialismo.

Costa, proveniente dall’esperienza anarchica, dalla quale nel 1879 prese le distanze con la famosa lettera intitolata Ai miei amici di Romagna, rappresentava la personificazione del socialismo stesso. Costa era stato infatti il primo socialista eletto in parlamento nel 1882 e l’artefice e la guida, nel 1881, del Partito socialista rivoluzionario di Romagna, poi ribattezzato Partito socialista rivoluzionario italiano.
In lui, dunque, confidavano molto i compagni reggiani per guadagnare consensi e credibilità tra il popolo. Grande conferenziere e uomo di vasta cultura, Costa accettò di buon grado quell’invito, che vedeva nell’amico Prampolini il principale organizzatore dell’evento.

Stando alle cronache del tempo una gran folla si radunò davanti al teatro con diverse ore d’anticipo, per salutarlo e stringerli la mano. Tutti i presenti sentivano di vivere un momento storico per la causa del socialismo in terra reggiana. All’ora convenuta, in un teatro colmo all’inverosimile, Costa prese la parola, parlando per circa due ore.

Nel riportare il resoconto di tale conferenza, La Giustizia polemizzò con il giornale borghese cittadino L’Italia Centrale che si disse deluso dalle parole di Costa che, a parere del suo inviato, non avevano toccato il cuore dei convenuti.

La risposta de La Giustizia non si fece attendere: “Noi non sappiamo e poco c’importa di sapere quale effetto abbiano prodotto le parole di Costa in quel piccolissimo gruppetto d’individui, i quali, perché hanno qualche soldo e spadroneggiano momentaneamente sugli altri, hanno l’illusione di credersi “la città”, “il paese”.

Ma, la verità è che nelle case dell’operaio, nelle stalle, nelle bettole, dovunque vive, lavora e soffre “il Paese” vero, quelle parole vi sono giunte rischiaratrici come un raggio di sole, dolci come una musica soavissima e mai udita… Il popolo ne è rimasto incantato, entusiasmato.

E non solo egli ha riconosciuto la bontà e la verità delle cose dette dal conferenziere, ma per dirla con frase biblica, ha anche avuto fede, ha creduto; ha sentito che il regno della giustizia, annunciato da quel giovane, certamente verrà; che i lavoratori non saranno sfruttati e poveri in eterno; che un bel giorno il sole del benessere e della libertà risplenderà finalmente sulle loro non più povere case… La giustizia è una forza continuamente attiva, che senza posa modifica, corregge, perfeziona, innalza ad una vita più rigogliosa e piena l’umana società; e questa forza, questa legge della natura, questo dio benefico e irresistibile è fatale!… Sono gli stessi principi dell’89, Libertà, Fraternità, Eguaglianza, perfezionati dall’esperienza di un secolo, innalzati, per così dire, all’ennesima potenza…affrontando l’aspetto economico, Costa incoraggiò i compagni a rafforzare e diffondere il modello cooperativo e le Leghe di resistenza, perché così avrebbero realizzato presto l’economia socialista”.

I socialisti reggiani rimasero dunque profondamente soddisfatti dalle parole d’incoraggiamento e piene di speranza, quasi evangelica, pronunciate da Costa. L’eco della conferenza rimase, in effetti, per anni nella memoria e nel cuore dei compagni, che per la prima volta si sentirono protagonisti della storia.
Anche Prampolini rimase talmente colpito dall’entusiasmo dei compagni e dall’attenzione prestata da tutti i presenti che, come ricordò A. Vergnanini, “promise di dedicarsi alle conferenze per le campagne. Egli incominciò infatti a battere ad una a una tutte le ville della nostra provincia con una attività e ardore che confinavano nel fanatismo”.

Stando dunque alla testimonianza di Vergnanini fu da quel momento che iniziò la “predicazione” di Prampolini, portandolo ad essere definito “l’apostolo del socialismo”.