Nel 2030 in Italia due milioni di potenziali lavoratori in meno, ma l’Emilia resiste al crollo demografico

lavoro lavoratore con mascherina

Secondo un’elaborazione del Sole 24 Ore sulle previsioni demografiche di Istat, che quest’anno per la prima volta ha pubblicato i dati su base provinciale, nel 2030 l’Italia dovrà fare i conti con una forza lavoro drasticamente ridotta rispetto a quella attuale: a causa della spirale demografica, infatti, si stima un calo complessivo di quasi due milioni di persone occupabili tra quelle convenzionalmente considerate “in età attiva” (la fascia compresa tra i 15 e i 64 anni), con un saldo negativo di 150.000 unità nella fascia d’età 15-29 anni e di ben 1,83 milioni di unità nella fascia d’età 30-64 anni.

La crisi strutturale, dovuta alla scarsa natalità e al progressivo invecchiamento della popolazione, non sarà tuttavia omogenea a livello nazionale: ci sono infatti province che tra otto anni avranno fatto registrare una contrazione meno marcata, e in tre casi addirittura in controtendenza: a Prato, Parma e Bologna, infatti, le previsioni relative alle persone in età attiva prefigurano infatti una crescita, anche se lieve.

Nella provincia ducale emiliana il trend è complessivamente positivo (+0,4%), anche se con differenze significative e di segno diverso tra persone giovani (+7,3% nella fascia 15-29 anni) e adulte (-1,6% nella fascia 30-64 anni); stesso andamento anche per quanto riguarda il capoluogo di regione dell’Emilia-Romagna, con un trend generale debolmente positivo (+0,2%) e un divario ancora più ampio tra persone giovani (+8%) e adulte (-2%).


L’Emilia-Romagna sembra dunque destinata a resistere al crollo demografico, se si considera che oltre a Parma e Bologna tra le dieci province migliori figurano anche – seppur in territorio negativo – Modena (-1% complessivo, con +6,3% nella fascia 15-29 anni e -3,2% nella fascia 30-64 anni), Rimini (-1,2% complessivo, con +7,1% nella fascia 15-29 anni e -3,6% nella fascia 30-64 anni) e Reggio Emilia (-1,2% complessivo, con +5,9% nella fascia 15-29 anni e -3,4% nella fascia 30-64 anni).

Altri territori, invece, saranno decisamente più penalizzati, soprattutto al sud e nelle isole, come si evince dalla classifica dei trend della popolazione residente nel 2030 rispetto al 2022: nella top ten spiccano in negativo le province di Enna, Sud Sardegna, Potenza, Oristano, Nuoro, Caltanissetta, Messina, Avellino, Campobasso e Catanzaro, ma hanno un segno meno a doppia cifra percentuale anche Vibo Valentia, Isernia, Cosenza, Agrigento, Rovigo (unica provincia del nord Italia tra le prime venti) e Reggio Calabria.