Lotta al Covid, Emilia in cinque progetti ricerca

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Cinque protocolli di ricerca della Regione Emilia-Romagna, più un sesto in corso di approvazione a giorni, su un totale attuale di 30 – a livello nazionale – a cui l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) ha dato il via. Ancora: le indagini sulla Proteina X a Modena e sull’Eparina a Piacenza, e lo studio regionale sulla fattibilità della produzione di plasma. Sulla corposa attività di ricerca che la Regione, con le Aziende sanitarie, ha attivato sul Covid-19, è intervenuto oggi in Commissione consiliare l’assessore alle Politiche per la salute, Raffaele Donini.

I cinque protocolli approvati dall’Aifa. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha dato parere positivo all’attivazione di cinque protocolli di ricerca, più un sesto in corso di approvazione a giorni, coordinati da ricercatori dell’Emilia-Romagna. Due riguardano i farmaci che intervengono sul rischio di trombosi, e precisamente l’Enoxaparina (Università di Bologna, responsabile Pierluigi Viale) e l’Eparina più steroidi (Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, Massimo Girardis); a questo gruppo si aggiunge un altro studio sull’Enoxaparina, che sarà approvato a giorni (Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, Marco Marietta). Un altro protocollo riguarda la Colchicina, farmaco che agisce sulla risposta infiammatoria (Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, Umberto Maggiore); c’è poi il protocollo sul Tocilizumab, che agisce sulla risposta immunitaria(Ausl-IRCCS di Reggio-Emilia, Carlo Salvarani) e quello su un noto farmaco antimalarico, l’Idrossiclorochina (IRST di Meldola, Pierluigi Viale e Giovanni Martinelli), con proprietà antivirali, per prevenire la progressione dell’infezione. Tutti farmaci che, pertanto, in Emilia-Romagna vengono utilizzati per la cura dei pazienti affetti da Coronavirus.

La proteina X (Modena) e l’Eparina (Piacenza)

Altre due ricerche, avviate in Emilia-Romagna, riguardano rispettivamente la cosiddetta “Proteina X” e l’Eparina. Per quanto riguarda la prima ricerca, un team di Modena ha individuato una proteina in grado di “accendere” una spia di allarme sui pazienti in pericolo di vita per l’infezione da nuovo Coronavirus. Il team è guidato da Erica Villa, primaria di Gastroenterologia del Policlinico di Modena e del dipartimento ad Attività integrate medicine specialistiche.

La seconda è nata a Castel San Giovanni (Piacenza), primo ospedale Covid dedicato in Italia, da un’intuizione del primario di Chirurgia plastica, Marco Stabile. Questa terapia sfrutta da un lato il potere antiinfiammatorio dell’Eparina e, dall’altro, la capacità anticoagulante della stessa che previene una delle maggiori complicanze osservate nei pazienti Covid positivi: la trombosi diffusa.

Plasma, lo studio regionale sulla fattibilità della produzione

La Regione è al lavoro anche su un altro fronte di ricerca: la terapia con il plasma iperimmune, sulla quale allo stato attuale non esistono evidenze scientifiche conclusive che ne dimostrino la comprata efficacia. In attesa che i protocolli clinici regionali in corso possano definire quanto questo approccio terapeutico migliori la prognosi dei pazienti affetti da forme gravi di infezioni da SARS-CoV-2, la Regione ha aderito allo studio nazionale – chiamato “Tsunami” e messo a punto da Aifa e Istituto Superiore di sanità – sull’efficacia della terapia con plasma in pazienti con polmonite dovuta al virus.

Inoltre, il Centro regionale sangue e l’Agenzia sanitaria e sociale, d’intesa con l’assessorato, hanno predisposto un protocollo di studio per valutare la fattibilità di un percorso regionale di produzione di plasma da pazienti che hanno contratto l’infezione Covid-19. L’obiettivo è quello di comprendere quale potrebbe essere la reale capacità produttiva di plasma iperimmune da parte della Rete Trasfusionale Regionale. A partire dall’identificazione attraverso uno studio di fattibilità, di chi, tra i soggetti infettati e guariti dal Covid-19, può essere considerato idoneo a diventare un possibile donatore di “plasma iperimmune”.