Lo smog in Emilia-Romagna è killer, miete migliaia di vittime ogni anno

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Lo smog in Emilia-Romagna è killer, lo dice il nuovo rapporto Arpae 2023 sulla qualità dell’aria, si parla tra il 4% e l’8% dei decessi per cause naturali o problemi cardiovascolari.
Nel documento, un capitolo è dedicato proprio all’impatto dello smog sulla salute, calcolando il numero di decessi attribuibili ai livelli di inquinamento. E’ stata quindi considerata da un lato la popolazione regionale con più di 30 anni (su dati Istat del 2019), mentre i tassi di mortalità per cause specifiche sono stati forniti dall’Istituto superiore di sanità (riferiti al periodo 2013-2017). I dati sono stati incrociati con i livelli di esposizione a polveri sottili, ultra-fini e biossido di azoto.

Partendo dalle morti attribuibili alle polveri ultra-fini in Emilia-Romagna nel 2022, su una popolazione di 3,3 milioni di abitanti con più di 30 anni, di cui il 15,8% risulta essere esposto a lungo termine a questo inquinante, per quanto riguarda la mortalità per cause naturali, 2170 decessi (il 4,4%) sono attribuibili alle PM2,5. Si sale però al 7,85% (cioè 2.971 decessi) se la soglia viene ridotta a cinque microgrammi. Considerando solo i nove capoluoghi di provincia, invece, i decessi attribuibili alle polveri ultra-fini sono l’8,5%. Per quanto riguarda la mortalità per cause cardiovascolari, invece, i decessi attribuibili alle polveri ultra-fini variano dal 2% (mille morti) al 3,6% (1.780 decessi) a seconda delle soglie. Meno dell’1% la mortalità per cause respiratorie. Parlando invece degli effetti sulla salute delle polveri sottili (PM10), in Emilia-Romagna risulta esposto a lungo termine a questo inquinante il 25,6% della popolazione con più di 30 anni. I decessi per cause naturali attribuibili al PM10 nel 2022 risultano essere il 2,2% (cioè 1.110 morti) se si considera la soglia di sicurezza di 20 migrogrammi per metrocubo, mentre si parla del 4% dei decessi (1.970) se si riduce la soglia a 15 microgrammi. Nei capoluoghi questa quota sale al 4,5%. Per cause cardiovascolari e respiratorie, invece, i decessi attribuibili al PM10 sono circa l’1%.

Secondo Arpae, dunque, questo studio conferma che “l’inquinamento atmosferico, pur in diminuzione sul lungo periodo, resta il fattore di rischio ambientale con il maggiore impatto sulla salute umana”. Il metodo usato per questa analisi, suggeriscono gli esperti, “può rappresentare anche un utile strumento di sanità pubblica, per valutare l’efficacia di azioni di mitigazione dell’inquinamento atmosferico, in termini di miglioramento della salute della popolazione”. A livello globale, ricorda Arpae, si stima che l’esposizione all’inquinamento “abbia un impatto equivalente” ad altri importanti fattori di rischio per la salute come l’alimentazione scorretta e il tabagismo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa sette milioni di morti premature ogni anno siano attribuibili all’inquinamento.



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