L’arma segreta di Trump

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Il presidente Trump ha accettato la proposta di John Woodward, icona del giornalismo mondiale dai tempi lontani del Watergate, per realizzare un libro-intervista di fine mandato. Il volume si intitola “Rage” (Rabbia) ed è appena stato pubblicato negli Stati Uniti.

Tra i molti aspetti interessanti contenuti nel testo vi è certamente il capitolo dedicato agli armamenti. Trump si esprime a chiare lettere, seppure restando sul vago. Parla di un’arma nucleare segreta, qualcosa di mai visto in precedenza sulla Terra, un progetto che né Putin né Xi potrebbero nemmeno immaginare.

Gli esperti di ricerca si sono affrettati a cercare una spiegazione plausibile alle parole del presidente. Vettori balistici, testate nucleari superveloci e ultrapotenti, missili ipersonici: la collezione di armi nucleari a disposizione del Pentagono offre un campionario inimmaginabile per provocare morte e distruzione. Detto così, e per come ne parla Trump, sembra poco più di un gioco. “Il mio bottone nucleare è più grosso del tuo”: così l’inquilino della Casa Bianca ha minacciato tempo fa il dittatore coreano Kim Jong Un, quasi si trattasse di una sfida tra bulletti al bar. Invece è tutto molto reale. A dispetto di chi si fosse lasciato illudere nella stagione della distensione e del disarmo tra Usa e Urss, negli ormai lontani anni Ottanta, gli arsenali nucleari globali sono sempre più ricchi e tremendi, e ampiamente in grado di distruggere il pianeta.

Corre oggi l’undici settembre e il pensiero tra chi è adulto non può che andare all’attentato terroristico che distrusse le Torri Gemelle a Manhattan e agli altri due aerei dirottati e precipitati a Washington e in Pennsylvania.
Ricordando quel giorno l’emozione resta intensa, e tuttavia una domanda dobbiamo pur porcela: cosa è cambiato da allora? Con le guerre successive avviate dall’Occidente siamo riusciti a pacificare almeno una parte di questi mondi in guerra?

Le risposte a queste domande indicano un bilancio fallimentare. Da diciannove anni ad oggi, dopo un periodo di crisi o comunque di sopravvivenza sottotraccia, Al Qaeda è più forte e più agguerrita di prima. In Afghanistan i soldati americani stanno per andarsene. Il paese è in gran parte in mano ai Talebani e nessuna democrazia imposta dall’esterno è stata inoculata ai popoli afghani i quali, pashtun o tagiki che siano, vogliono governarsi da soli.

Osama bin Laden è morto, come altri leader jihadisti, ma la sua organizzazione è viva e, secondo le stime, può contare tra i 35 e i 40mila soldati. Va riprendendosi anche Daesh tra le terre di nessuno di Iraq e Siria. La morte di Al Baghdadi e le sconfitte sul terreno subite dall’Isis ne hanno indebolito la forza, ma secondo servizi occidentali di intelligence un nuovo Califfato potrebbe formarsi da un momento all’altro.

Si torna sempre daccapo quando le leggi del dominio e della forza prevalgono sull’intelligenza e sulla compassione. Viviamo un tempo iper materialista, nel quale l’Occidente fatica a reggere il passo della concorrenza economica cinese. Forse per questo abbiamo fiducia in ciò che ci fa sentire ancora i più forti. Ma è come avessimo dimenticato che viviamo seduti su un enorme arsenale nucleare, che se fosse usato annienterebbe noi stessi e il futuro della Terra. Possiamo considerarlo un problema o è meglio continuare a fare finta di niente?

In Norvegia, un deputato al Parlamento locale ha indicato Trump come candidato al Nobel per la pace. Motivazione: The Donald si è speso per la mediazione tra Israele ed Emirati Arabi. Qualcuno potrebbe pensare a uno scherzo, ma è così. Non vincerà il Nobel, Trump, sebbene lo abbia vinto Obama persino prima di cominciare a fare il presidente, ma la circostanza indica un generale progressivo impazzimento.
La nuova corsa agli armamenti conferma la direzione della storia umana secondo cui la forza e la moneta rappresentano i capisaldi di ogni forma di potere politico. Ma se qualche secolo fa poteva esistere un campo indefinito sul quale sfidarsi ed eventualmente combattersi, oggi le dimensioni sono limitate rispetto all’immensa forza distruttrice resa possibile dall’energia atomica.

Un risveglio dei popoli per il disarmo progressivo è da escludere. La forza morale di una cultura per la pace tra i popoli è fuori moda da decenni. Stiamo riempiendo il pianeta di scorie nucleari ma nessuno ne parla. Viceversa, gli Stati spendono cifre inimmaginabili per rafforzare la propria capacità offensiva. Persino il linguaggio è cambiato: oggi l’aggettivo “buonista” è diventata espressione di scherno. Einstein disse: “non so come sarà combattuta la Terza guerra mondiale, ma so come sarà combattuta la quarta. Con le pietre“. Si vede che gli umani hanno scarsa memoria.