La guerra islamista contro l’Europa

attentato a Nizza a Notre Dame

L’orrore di stamattina viene da Nizza, cattedrale di Notre Dame, dove il terrorismo islamista ha di nuovo colpito ammazzando all’arma bianca tre innocenti, rei di essersi trovati in chiesa nel momento sbagliato. È un nuovo capitolo della guerra mossa dall’islam radicale contro la Francia laica e illuminista: solo pochi giorni fa il professore Samuel Paty aveva subito la stessa sorte, colpevole di avere insegnato ai suoi allievi il senso della libertà di espressione, caposaldo della democrazia e dei valori della civiltà occidentale.

La Francia sta pagando il prezzo più alto nella lotta per la salvaguardia dei principi che ispirano la visione dell’Europa affermatasi nei secoli. Un’Europa che troppo spesso ha preferito voltarsi dall’altra parte dinanzi alla sfida sui valori del mondo musulmano radicale, con il rischio che si verificasse una resa culturale prima che politica all’oscurantismo fondamentalista.

Non a caso, da Charlie Hebdo in avanti, al centro dell’offensiva terroristica è stata posta la libera espressione del pensiero e delle idee, satira compresa. Qualcosa che gli imam e i capi degli Stati a maggioranza islamica non riescono proprio a tollerare e che ha esposto Parigi all’aggressione dell’odio dei fanatici.

L’attacco a Macron e alla repubblica francese è diventata una costante del leader turco Erdogan, personaggio capace di tutto, convertitosi all’islam radicale per mere ragioni di convenienza. La politica di potenza di Erdogan sull’area del Mediterraneo orientale è un obiettivo strategico. Il consenso delle masse tirate in ballo con la scusa delle vignette su Maometto è invece il principale mezzo di propaganda: nessun leader di paese musulmano sente di potersi permettere sul tema un atteggiamento più morbido, pena l’accusa di apostasia.

La Turchia non sta peraltro affatto bene. C’è stata una caduta del Pil, il valore della lira è crollato, le relazioni fortemente compromesse con i paesi occidentali stanno danneggiando le esportazioni e il turismo. A ciò vanno aggiunte ovviamente le conseguenze della pandemia.

Erdogan stava cercando un veicolo per distrarre gli ottanta milioni di turchi preoccupati della situazione economica e lo ha trovato muovendosi sulla politica estera e facendo leva sull’orgoglio nazionale e religioso. La sua politica verso l’Occidente è fatta di sgarbi e provocazioni. Ha trasformato Santa Sofia a Istanbul in moschea, rinnegandone la storia per lungo tempo cristiana. Sostiene l’Azerbaigian contro l’Armenia, difesa dai francesi sin dai tempi del genocidio sempre negato da Ankara. Ha eliminato gli oppositori interni applicando una durissima repressione contro i supposti “traditori della patria”. Si è inserito in tutte le partite aperte in Medio Oriente e in Nord Africa, compresa l’irrisolta questione libica. E insulta ogni giorno il presidente Macron, che vorrebbe indicare come nemico assoluto, e contro il quale si indirizzano le azioni criminali del terrorismo islamista.

Dice Enrico Letta che non siamo di fronte a uno scontro di civiltà, ma ad azioni di una banda di pazzi da fermare assolutamente. L’ex premier italiano ha esperienza internazionale e sa quel che dice: non vuole accettare la personalizzazione dello scontro e si guarda bene da assegnare agli assassini il ruolo di avamposto politico dell’islam contemporaneo.

Tuttavia, il peso di queste vittime innocenti e di questi attacchi al mondo libero, laico e cristiano non lasciano indifferenti le nostre coscienze. Inutile negarlo: vi è una parte estremista dell’islam politico organizzata e armata che da decenni ci ha dichiarato guerra. Se in Italia non siamo stati direttamente colpiti, buon per noi. Ma i valori di libertà e pace ci uniscono ai fratelli francesi e a tutte le vittime cadute in nome di essi. Non esiste trattativa possibile con chi sgozza le donne anziane in chiesa o decapita i giovani insegnanti. Anche in tempo di Covid, siamo chiamati a batterci in nome della democrazia e dei diritti universali dell’uomo.