Nella mattinatata di mercoledì 20 luglio il presidente del consiglio Mario Draghi è intervenuto davanti all’aula del Senato per verificare la possibilità di ricomporre in qualche modo la crisi di governo innescata dal Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, che lo scorso 14 luglio proprio a Palazzo Madama aveva deciso di non votare la fiducia all’esecutivo sul decreto Aiuti.
Una circostanza che aveva spinto il premier a rassegnare le proprie dimissioni dall’incarico: dimissioni che erano tuttavia state respinte dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva chiesto invece a Draghi di “parlamentarizzare” la crisi riferendo alle Camere rispetto a quanto accaduto. Il primo step di questo percorso è stato appunto il discorso in Senato, di cui riportiamo integralmente il video e la trascrizione.
L’intervento integrale di Draghi in Senato:
Signor Presidente,
Onorevoli Senatrici e Senatori,
Giovedì scorso ho rassegnato le mie dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica.
Questa decisione è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo Governo sin dalla sua nascita.
Il Presidente della Repubblica ha respinto le mie dimissioni e mi ha chiesto di informare il Parlamento di quanto accaduto – una decisione che ho condiviso.
Le Comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta.
Lo scorso febbraio, il Presidente della Repubblica mi affidò l’incarico di formare un governo per affrontare le tre emergenze che l’Italia aveva davanti: pandemica, economica, sociale.
“Un governo” – furono queste le sue parole – “di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”.
“Un Governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili”.
Tutti i principali partiti – con una sola eccezione – decisero di rispondere positivamente a quell’appello.
Nel discorso di insediamento che tenni in quest’aula, feci esplicitamente riferimento allo “spirito repubblicano” del Governo, che si sarebbe poggiato sul presupposto dell’unità nazionale.
In questi mesi, l’unità nazionale è stata la miglior garanzia della legittimità democratica di questo esecutivo e della sua efficacia.
Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere in Parlamento il sostegno più ampio possibile.
Questo presupposto è ancora più importante in un contesto di emergenza, in cui il Governo deve prendere decisioni che incidono profondamente sulla vita degli italiani.
L’amplissimo consenso di cui il Governo ha goduto in Parlamento ha permesso di avere quella “tempestività” nelle decisioni che il Presidente della Repubblica aveva richiesto.
A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere con senso dello Stato e generosità verso interventi rapidi ed efficaci, per il bene di tutti i cittadini.
Grazie alle misure di contenimento sanitario, alla campagna di vaccinazione, ai provvedimenti di sostegno economico a famiglie e imprese, siamo riusciti a superare la fase più acuta della pandemia, a dare slancio alla ripresa economica.
La spinta agli investimenti e la protezione dei redditi delle famiglie ci ha consentito di uscire più rapidamente di altri Paesi dalla recessione provocata dalla pandemia.
Lo scorso anno l’economia è cresciuta del 6,6% e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali.
La stesura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato a larghissima maggioranza da questo Parlamento, ha avviato un percorso di riforme e investimenti che non ha precedenti nella storia recente.
Le riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti – oltre alla corposa agenda di semplificazioni – sono un passo in avanti essenziale per modernizzare l’Italia.
A oggi, tutti gli obbiettivi dei primi due semestri del PNRR sono stati raggiunti.
Abbiamo già ricevuto dalla Commissione Europea 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi.
Con il forte appoggio parlamentare della maggioranza e dell’opposizione, abbiamo reagito con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
La condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7.
Allo stesso tempo, non abbiamo mai cessato la nostra ricerca della pace – una pace che deve essere accettabile per l’Ucraina, sostenibile, duratura.
Siamo stati tra i primi a impegnarci perché Russia e Ucraina potessero lavorare insieme per evitare una catastrofe alimentare, e allo stesso tempo aprire uno spiraglio negoziale.
I progressi che si sono registrati la settimana scorsa in Turchia sono incoraggianti, e auspichiamo possano essere consolidati.
Ci siamo mossi con grande celerità per superare l’inaccettabile dipendenza energetica dalla Russia – conseguenza di decenni di scelte miopi e pericolose.
In pochi mesi, abbiamo ridotto le nostre importazioni di gas russo dal 40% a meno del 25% del totale e intendiamo azzerarle entro un anno e mezzo.
È un risultato che sembrava impensabile, che dà tranquillità per il futuro all’industria e alle famiglie, rafforza la nostra sicurezza nazionale, la nostra credibilità nel mondo.
Abbiamo accelerato, con semplificazioni profonde e massicci investimenti, sul fronte delle energie rinnovabili, per difendere l’ambiente, aumentare la nostra indipendenza energetica.
E siamo intervenuti con determinazione per proteggere cittadini e imprese dalle conseguenze della crisi energetica, con particolare attenzione ai più deboli.
Abbiamo stanziato 33 miliardi in poco più di un anno, quasi due punti percentuali di PIL, nonostante i nostri margini di finanza pubblica fossero ristretti.
Lo abbiamo potuto fare grazie a una ritrovata credibilità collettiva, che ha contenuto l’aumento del costo del debito anche in una fase di rialzo dei tassi d’interesse.
Il merito di questi risultati è stato vostro – della vostra disponibilità a mettere da parte le differenze e lavorare per il bene del Paese, con pari dignità, nel rispetto reciproco.
La vostra è stata la migliore risposta all’appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica e alla richiesta di serietà, al bisogno di protezione, alle preoccupazioni per il futuro che arrivavano dai cittadini.
Gli italiani hanno sostenuto a loro volta questo miracolo civile, e sono diventati i veri protagonisti delle politiche che di volta in volta mettevamo in campo.
Penso al rispetto paziente delle restrizioni per frenare la pandemia, alla straordinaria partecipazione alla campagna di vaccinazione.
Penso all’accoglienza spontanea offerta ai profughi ucraini, accolti nelle case e nelle scuole con affetto e solidarietà.
Penso al coinvolgimento delle comunità locali al PNRR, che lo ha reso il più grande progetto di trasformazione dal basso della storia recente.
Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano.
L’Italia è forte quando sa essere unita.
Purtroppo, con il passare dei mesi, a questa domanda di coesione che arrivava dai cittadini le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione.
Le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato un progressivo sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese.
In politica estera, abbiamo assistito a tentativi di indebolire il sostegno del Governo verso l’Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del Presidente Putin.
Le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito.
Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia, con “tempestività”, nell’interesse del Paese.
Come ho detto in Consiglio dei Ministri, il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza.
Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente.
Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento.
Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo.
Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum.
L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità.
A chiederlo sono soprattutto gli italiani.
La mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del Governo è senza precedenti e impossibile da ignorare.
Ha coinvolto il terzo settore, la scuola e l’università, il mondo dell’economia, delle professioni e dell’imprenditoria, lo sport.
Si tratta di un sostegno immeritato, ma per il quale sono enormemente grato.
Due appelli mi hanno colpito in modo particolare.
Il primo è quello di circa 2.000 sindaci, autorità abituate a confrontarsi quotidianamente con i problemi delle loro comunità.
Il secondo è quello del personale sanitario, gli eroi della pandemia, verso cui la nostra gratitudine collettiva è immensa.
Questa domanda di stabilità impone a noi tutti di decidere se sia possibile ricreare le condizioni con cui il Governo può davvero governare.
È questo il cuore della nostra discussione di oggi.
È questo il senso dell’impegno su cui dobbiamo confrontarci davanti ai cittadini.
L’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti.
L’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le diseguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud.
Entro la fine di quest’anno, dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro.
Gli obiettivi riguardano temi fondamentali come le infrastrutture digitali, il sostegno al turismo, la creazione di alloggi universitari e borse di ricerca, la lotta al lavoro sommerso.
Completare il PNRR è una questione di serietà verso i nostri cittadini e verso i partner europei.
Se non mostriamo di saper spendere questi soldi con efficienza e onestà, sarà impossibile chiedere nuovi strumenti comuni di gestione delle crisi.
L’avanzamento del PNRR richiede la realizzazione dei tanti investimenti che lo compongono.
Dalle ferrovie alla banda larga, dagli asili nido alle case di comunità, dobbiamo impegnarci per realizzare tutti i progetti che abbiamo disegnato con il contributo decisivo delle comunità locali.
Dobbiamo essere uniti contro la burocrazia inutile, quella che troppo spesso ritarda lo sviluppo del Paese.
E dobbiamo assicurarci che gli enti territoriali – a partire dai Comuni – abbiano tutti gli strumenti necessari per superare eventuali problemi di attuazione.
Al tempo stesso, dobbiamo procedere spediti con le riforme che, insieme agli investimenti, sono il cuore del PNRR.
La riforma del codice degli appalti pubblici intende assicurare la realizzazione in tempi rapidi delle opere pubbliche e il rafforzamento degli strumenti di lotta alla corruzione.
Dobbiamo tenere le mafie lontane dal PNRR.
È il modo migliore per onorare la memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e degli uomini e donne delle loro scorte, a trent’anni dalla loro barbara uccisione.
La riforma del codice degli appalti è stata approvata, ed è in corso il lavoro di predisposizione degli schemi di decreti delegati che devono essere licenziati entro marzo del prossimo anno.
La riforma della concorrenza serve a promuovere la crescita, ridurre le rendite, favorire gli investimenti e l’occupazione.
Con questo spirito abbiamo approvato norme per rimuovere gli ostacoli all’apertura dei mercati, alla tutela dei consumatori.
La riforma tocca i servizi pubblici locali, inclusi i taxi, e le concessioni di beni e servizi, comprese le concessioni balneari.
Il disegno di legge deve essere approvato prima della pausa estiva, per consentire entro la fine dell’anno l’ulteriore approvazione dei decreti delegati, come previsto dal PNRR.
Ora c’è bisogno di un sostegno convinto all’azione dell’esecutivo – non di un sostegno a proteste non autorizzate, e talvolta violente, contro la maggioranza di governo.
Per quanto riguarda la giustizia, abbiamo approvato la riforma del processo penale, del processo civile e delle procedure fallimentari e portato in Parlamento la riforma della giustizia tributaria.
Queste riforme sono essenziali per avere processi giusti e rapidi, come ci chiedono gli italiani.
È una questione di libertà, democrazia, e anche prosperità.
Le scadenze segnate dal PNRR sono molto precise.
Dobbiamo ultimare entro fine anno la procedura prevista per i decreti di attuazione della legge delega civile e penale.
La legge di riforma della giustizia tributaria è in discussione al Senato, e deve essere approvata entro fine anno.
Infine, l’autunno scorso il Governo ha dato il via al disegno di legge delega per la revisione del fisco.
Siamo consapevoli che in Italia il fisco è complesso e spesso iniquo.
Per questo non abbiamo mai aumentato le tasse sui cittadini.
Tuttavia per questo occorre procedere con uno sforzo di trasparenza.
Intendiamo ridurre le aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi; superare l’Irap; razionalizzare l’Iva.
I primi passi sono stati compiuti con l’ultima legge di bilancio, che ha avviato la revisione dell’Irpef e la riforma del sistema della riscossione.
In Italia l’Agenzia delle Entrate-Riscossione conta 1.100 miliardi di euro di crediti residui, cioè non riscossi, pari a oltre il 60% del prodotto interno lordo nazionale – una cifra impressionante.
Dobbiamo quindi approvare al più presto la riforma fiscale, che include il completamento della riforma della riscossione, e varare subito dopo i decreti attuativi.
Accanto al PNRR, c’è bisogno di una vera agenda sociale, che parta dai più deboli, come i disabili e gli anziani non autosufficienti.
L’aumento dei costi dell’energia e il ritorno dell’inflazione hanno causato nuove disuguaglianze, che aggravano quelle prodotte dalla pandemia.
Fin dall’avvio del governo abbiamo condiviso con i sindacati e le associazioni delle imprese un metodo di lavoro che prevede incontri regolari e tavoli di lavoro.
Questo metodo è già servito per gestire alcune emergenze del Paese: dalla ripresa delle attività produttive nella fase pandemica fino alla sicurezza del lavoro, su cui molto è stato fatto e molto resta ancora da fare.
Oggi è essenziale proseguire in questo confronto e definire in una prospettiva condivisa gli interventi da realizzare nella prossima legge di bilancio.
Quest’anno, l’andamento della finanza pubblica è migliore delle attese e ci permette di intervenire, come abbiamo fatto finora, senza nuovi scostamenti di bilancio.
Bisogna adottare entro i primi giorni di agosto un provvedimento corposo per attenuare l’impatto su cittadini e imprese dell’aumento dei costi dell’energia, e poi rafforzare il potere d’acquisto, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione.
Ridurre il carico fiscale sui lavoratori, a partire dai salari più bassi, è un obiettivo di medio termine.
Questo è un punto su cui concordano sindacati e imprenditori.
Con la scorsa legge di bilancio abbiamo adottato un primo e temporaneo intervento.
Dobbiamo aggiungerne un altro in tempi brevi, nei limiti consentiti dalle nostre disponibilità finanziarie.
Occorre anche spingere il rinnovo dei contratti collettivi.
Molti, tra cui quelli del commercio e dei servizi, sono scaduti da troppi anni.
La contrattazione collettiva è uno dei punti di forza del nostro modello industriale, per l’estensione e la qualità delle tutele, ma non raggiunge ancora tutti i lavoratori.
A livello europeo è in via di approvazione definitiva una direttiva sul salario minimo, ed è in questa direzione che dobbiamo muoverci, insieme alle parti sociali, assicurando livelli salariali dignitosi alle fasce di lavoratori più in sofferenza.
Il reddito di cittadinanza è una misura importante per ridurre la povertà, ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro.
C’è bisogno di una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo.
L’Italia deve continuare a ridisegnare la sua politica energetica, come fatto in questi mesi.
Il Vertice di questa settimana ad Algeri conferma la nostra assoluta determinazione a diversificare i fornitori, spingere in modo convinto sull’energia rinnovabile.
Per farlo, c’è bisogno delle necessarie infrastrutture.
Dobbiamo accelerare l’istallazione dei rigassificatori – a Piombino e a Ravenna.
Non è possibile affermare di volere la sicurezza energetica degli italiani e poi, allo stesso tempo, protestare contro queste infrastrutture.
Si tratta di impianti sicuri, essenziali per il nostro fabbisogno energetico, per la tenuta del nostro tessuto produttivo.
In particolare, dobbiamo ultimare l’istallazione del rigassificatore di Piombino entro la prossima primavera.
È una questione di sicurezza nazionale.
Allo stesso tempo, dobbiamo portare avanti con la massima urgenza la transizione energetica verso fonti pulite.
Entro il 2030 dobbiamo installare circa 70 GW di impianti di energia rinnovabile.
La siccità e le ondate di calore anomalo che hanno investito l’Europa nelle ultime settimane ci ricordano l’urgenza di affrontare con serietà la crisi climatica nel suo complesso.
Penso anche agli interventi per migliorare la gestione delle risorse idriche, la cui manutenzione è stata spesso gravemente deficitaria.
Il PNRR stanzia più di 4 miliardi per questi investimenti, a cui va affiancato un “piano acqua” più urgente.
Per quanto riguarda le misure per l’efficientamento energetico e più in generale i bonus per l’edilizia, intendiamo affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali, ma al contempo ridurre la generosità dei contributi.
Come promesso nel mio discorso di insediamento, e da voi sostenuto in quest’aula, questo governo si identifica pienamente nell’Unione Europea, nel legame transatlantico.
La nostra posizione è chiara e forte: nel cuore dell’Unione Europea, del G7, della NATO.
Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, come questo Parlamento ha impegnato il Governo a fare con una risoluzione parlamentare.
Come mi ha ripetuto ieri al telefono il Presidente Zelensky, armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi.
Allo stesso tempo, occorre continuare a impegnarci per cercare soluzioni negoziali, a partire dalla crisi del grano.
E dobbiamo aumentare gli sforzi per combattere le interferenze da parte della Russia e delle altre autocrazie nella nostra politica, nella nostra società.
L’Italia è un Paese libero e democratico.
Davanti a chi vuole provare a sedurci con il suo modello autoritario, dobbiamo rispondere con la forza dei valori europei.
L’Unione Europea è la nostra casa e al suo interno dobbiamo portare avanti sfide ambiziose.
Dobbiamo continuare a batterci per ottenere un tetto al prezzo del gas russo, che beneficerebbe tutti, e per la riforma del mercato elettrico, che può cominciare da quello domestico anche prima di accordi europei.
Queste misure sono essenziali per difendere il potere d’acquisto delle famiglie e per tutelare i livelli di produzione delle imprese.
In Europa si discuterà presto anche della riforma delle regole di bilancio e di difesa comune, del superamento del principio dell’unanimità.
In tutti questi campi, l’Italia ha molto da dire – con credibilità, spirito costruttivo, e senza alcuna subalternità.
Ci sono altri impegni che l’esecutivo vuole assumere che riguardano, ad esempio, la riforma del sistema dei medici di base e la discussione per il riconoscimento di forme di autonomia differenziata.
Ma tutto questo richiede un Governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli.
All’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi.
Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese.
I partiti e voi parlamentari – siete pronti a ricostruire questo patto?
Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che si è poi affievolito?
Sono qui, in quest’aula, oggi, a questo punto della discussione, solo perché gli italiani lo hanno chiesto.
Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani.
Grazie.
Ultimi commenti
"CEMENTO" MORI...come dicevano i latini....
Sarebbe interessante sapere quanti diritti edificatori ancora non soddisfatti ci portiamo dalle passate giunte.
Come precisato dall'assessore Pasini la responsabilità è della precedente Giunta (di "centrodestra"?)