Fondi europei. Mori (Pd): usiamoli per eliminare le diseguaglianze

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I programmi regionali 2021-27 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e il Fondo sociale europeo (Fse), approvati oggi in Assemblea legislativa, “devono essere utilizzati per invertire la rotta delle diseguaglianze che si stanno approfondendo nel Paese frenando la crescita, a cominciare da quelle di genere”. È l’esortazione che la consigliera regionale Roberta Mori ha lanciato intervenendo in Aula, dati alla mano. “Anche in una regione avanzata come l’Emilia-Romagna – sottolinea – quasi 3.000 lavoratrici madri, nel 2020, si sono dimesse, volontariamente o meno, per l’impossibilità di conciliare il lavoro con la cura familiare. E assistiamo a una crisi di natalità grave”. A confermare le parole di Mori, i dati Istat di ieri che – ricorda – “fotografano il fatto che, nonostante la percentuale delle occupate nel Paese sia salita del 4,1% rispetto a dicembre 2020, arrivando al 50,5% e ci sia un lieve recupero dell’occupazione giovanile, in realtà i loro contratti a termine in un mese sono diventati oltre 59mila in più, mentre quelli a tempo indeterminato sono ulteriormente diminuiti (7mila in meno). Ciò significa che gran parte del recupero è lavoro instabile”. “Per questo motivo – sottolinea Mori – giudico ottima la proposta del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, di estendere l’obbligo di assunzione del 30% di donne e giovani a tutti i datori di lavoro che hanno rapporti con la pubblica amministrazione”.

“In un mondo perfetto – spiega la consigliera dem -, le quote non dovrebbero essere necessarie, ma in questo, alcuni automatismi sono indispensabili per superare segregazione e disparità. Non possiamo ignorare, infatti, la stasi delle imprese femminili, il numero irrisorio di manager donne in posizioni apicali, la recessione registrata in piena pandemia anche in settori tradizionalmente dominati dalla presenza femminile, le condizioni di lavoro peggiori, un’accresciuta fragilità economica e un conflitto vita-lavoro inasprito dall’emergenza: tutti fattori che definiscono le donne ‘soggetti sacrificabili’”.

Dunque, traduce Mori sul piano operativo, i fondi vanno utilizzati per “azioni positive dedicate, in particolare, alla formazione e occupazione femminile, accanto ad azioni premiali e antidiscriminatorie trasversali. Fondamentale anche un’infrastruttura educativa e formativa che assicuri il diritto di accedere a servizi di qualità fin dalla prima infanzia e di innalzare le proprie conoscenze e competenze durante la vita lavorativa”. “L’integrazione operativa tra Programmi Regionali Fesr e Fse + – avverte Mori – dovrà poi tradursi in bandi, opportunità concrete e servizi corrispondenti ai bisogni reali. L’apparato dirigente che costruisce le condizioni tecniche per attuare gli indirizzi dovrà dunque necessariamente perseguire obiettivi di parità”.

“La via da seguire – approfondisce Mori – è quella già tracciata con il Fondo regionale per l’imprenditoria femminile e il Women New Deal, con l’introduzione della valutazione di impatto di genere ex ante delle norme regionali, con la pianificazione per il contrasto della violenza di genere, che sostiene obiettivi puntuali di empowerment e di autonomia femminile, con gli indirizzi paritari dell’Agenda Digitale e con gli stanziamenti accresciuti sul caregiving familiare: tutti tasselli che puntano alla piena partecipazione delle donne allo sviluppo dell’Emilia-Romagna”.

La necessità di politiche a favore di donne e giovani è confermata – conclude Mori – “anche dal nuovo report del ministero del Lavoro, Banca d’Italia e Anpal che dice chiaramente che la ripresa registrata nel 2021 nel Paese ha favorito l’occupazione maschile, mentre non ha inciso nella marcata debolezza strutturale di quella femminile. Le lavoratrici continuano ad essere penalizzate da una minore domanda di lavoro di tipo permanente e, nonostante rappresentino circa il 42% della forza lavoro, incidono solo per un terzo sul saldo delle posizioni a tempo indeterminato”.