La scomparsa di Lina Wertmüller, oggi, colpisce anche Ferrara. A ricordarla, a nome della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, sono il direttore Moni Ovadia e il direttore artistico Marcello Corvino, in passato produttore di “Un’allegra fin de siècle”, unico e ultimo spettacolo di una inedita Lina Wertmuller nella doppia veste di voce narrante, interprete sul palco e autrice del testo. Prima regista candidata all’Oscar, la grande artista aveva 93 anni e si è spenta nella notte a Roma.
Moni Ovadia la ricorda fin dai tempi del suo film I basilischi (1963), e la commemora come una grande autrice. “C’era – dice il direttore del Teatro Abbado – già in questo film in bianco e nero, una capacità stupefacente di leggere i caratteri, climi, temperie. Da quel momento l’ho guardata con ammirazione sempre crescente. La sua arte era di una tale incisività, di una tale forza, aveva una capacità unica di estrarre dagli attori il meglio delle loro potenzialità espressive e di tramettere affreschi di un’Italia lontana da quello che è il modello di oggi, povera, picaresca, ma con quei caratteri umani che hanno impressionato così tanto, in particolare gli Stati Uniti d’America. Ma malgrado i suoi successi clamorosi, il suo essere diventata un’icona, l’essere entrata nella Walk of Fame a Los Angeles, nel gotha dei grandi del cinema mondiale, lei è sempre stata una donna ironica e consapevole, non si è mai presa troppo sul serio”. Moni Ovadia la ricorda “una persona aperta agli altri, attenta agli altri, piena di grazia e di humor, di simpatia”. La sua scomparsa è un lutto per il cinema italiano. “Nel ricordarla – sottolinea Ovadia – dovremo pensare a quale valore abbia il cinema, a quale valore abbia l’arte. In particolare l’arte creata nel tempo presente, perché Lina Wertmüller ha fatto dell’Italia qualcosa di vivo e pulsante. Avere vicino una grande artista fa capire che anche le meravigliose bellezze del passato sono state create da uomini, con i loro grandiosi talenti, ma anche con la loro umanità. La grande arte la fanno gli uomini. Per questo dobbiamo avere rispetto per gli artisti. Questo Paese stenta a capirlo, solo quando sono riconosciuti a livello planetario, il Paese si sveglia. Riconosciamoli dall’inizio del loro cammino. Lina Wertmüller era già grande quando non era ancora così famosa, era già un’artista di estremo valore, quindi ricordiamola viva. La sua arte vive con noi e in noi”.
“Un vero privilegio conoscerla – ricorda Marcello Corvino – Lei, ultraottantenne in Un’allegra fin de siècle, si divertiva a raccontare, recitare, cantare e proporre il suo punto di vista arguto e dissacrante sul ‘900, un secolo che di ‘mascalzonate’, come diceva lei, ne ha fatte tante, con due Grandi Guerre e grandi disastri. Un secolo che però perdonava sempre perché è stato anche quello del grande cinema”. Corvino ricorda anche l’omaggio alla carriera conferito a Lina Wertmüller al Bellaria Film Festival. “I suoi film verranno visti e rivisti perché assurgono alla grandezza dell’opera d’arte. Era una donna intelligente, acuta, tagliente, professionista inarrivabile. Non faceva sconti a nessuno nell’esporre il suo punto di vista ed usava magistralmente la forza dissacrante e rivoluzionaria dell’ironia”.
Nell’ottobre 2010, come regista Lina Wertmüller era stata anche in Prima nazionale al Teatro Comunale di Ferrara con lo spettacolo Gian Burrasca, da Il giornalino di Gian Burrasca di Vamba. Il testo e e la supervisione registica avevano la sua firma, le musiche quella di Nino Rota, con Elio a interpretare lo scatenato protagonista della produzione Parmaconcerti in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara.
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