Dedicata a Bingo, storico fotografo di Arcigay Gioconda, la prima camera della Casa Arcobaleno di Reggio

Una casa arcobaleno per Reggio Emilia

Sarà dedicata a Bingo, tra i primi iscritti del circolo Arcigay Gioconda di Reggio e storico fotografo dell’associazione, la prima delle camere della futura “casa arcobaleno” di Reggio, uno spazio sicuro e protetto in cui saranno accolte fino a quattro persone Lgbt+ vittime di violenza e omofobia, per permettere loro di costruirsi un nuovo percorso di vita.

La scelta è maturata nell’ambito della campagna di raccolta fondi promossa sulla piattaforma Idea Ginger da Arcigay Gioconda a sostegno del progetto. Il crowdfunding ha superato a metà gennaio la quota di 7.000 euro, avvicinandosi dunque all’obiettivo di 10.000 euro che i promotori vorrebbero raggiungere entro il 7 febbraio, data di conclusione della campagna online. I fondi serviranno per coprire alcuni costi: la ristrutturazione degli spazi (1.800 euro), l’acquisto dei mobili (4.200 euro), il pagamento delle utenze per il primo anno (2.400 euro) e un sostegno economico per gli ospiti nel periodo iniziale (1.600 euro).

Ciascuna donazione prevede una ricompensa, tra cui appunto anche la possibilità per il donatore di poter decidere il nome di una delle camere dell’appartamento: Claudio Borri, attivista di lunga data di Arcigay Gioconda, ha scelto quindi di intitolare a Bingo la prima delle camere della casa (che nel complesso sarà intitolata allo scrittore corregese Pier Vittorio Tondelli, a trent’anni dalla sua morte).

“Agli inizi degli anni Novanta – ha ricordato Borri – eravamo un gruppo di ragazzi giovani e tra di noi c’era solo una persona più grande, Bingo, che avrà avuto circa 65 anni ed era il fotografo ufficiale dell’Arcigay Gioconda di allora. Lo vedevo sempre in giro, da altri avevo saputo che aveva una situazione travagliata alle spalle: era sposato con figli, ma c’era stato un distacco dalla famiglia d’origine ed era rimasto solo. Entrando in Arcigay, tentava in qualche maniera di vincere la solitudine”.


“Era taciturno, ma parlava con lo sguardo quando stava con noi, ascoltava rimanendo presente. Si intuiva dai suoi occhi che aveva sofferto nel passato, ma aveva il piacere di stare in compagnia con noi, era diventato il nostro fotografo ufficiale. Purtroppo dopo due anni è scomparso, non si è visto più. Infine, dopo un anno, è ritornato in associazione per un breve periodo, è ricomparso e poi si è eclissato definitivamente. Ho saputo dopo un po’ di tempo che era morto di malattia, viveva da solo”.

Scegliendo di intitolare una camera al fotografo scomparso, Borri ha voluto quindi ricordare la figura di un uomo mite che aveva scontato sulla sua pelle il peso di non essere accettato dalla famiglia: “Ci tenevo a dare il nome di questa persona proprio perché una Casa Arcobaleno serve anche per vincere la solitudine”.