Il direttore de l’Espresso Marco Damilano è stato ospite ieri al centro cultura Multiplo di Cavriago per presentare il suo ultimo libro "Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia" (Feltrinelli). Ha quindi raccontato il "viaggio" (così lo definisce lui) in cui conduce il lettore, tra aneddoti, storie personali e riflessione sulla situazione politica. In dialogo con il giornalista Livio Ramolini di Telereggio e dopo l’introduzione dell’incontro da parte del sindaco Paolo Burani, ha portato importanti spunti di riflessione a 40 anni dall’uccisione dello statista.
Ha parlato dei 55 giorni del rapimento e non solo. Della data del 16 marzo 1978 che si incrocia con la sua storia personale di bambino: Damilano passò da via Fani a Roma, 20 minuti prima della strage, a bordo del pulmino della scuola ("forse fu quello il giorno in cui decisi di fare il giornalista").
Attraverso questo libro, in particolare, vorrebbe "riscattare Moro dal caso Moro", perché "è stato molto di più della figura che ricordiamo per quei 55 giorni". Ha detto che "molti ne parlano ancora oggi a sproposito, come i brigatisti", che "il clima di quei giorni fu uno spartiacque per la vita di molti: ci mise di fronte alla consapevolezza della paura, della politica". Ha parlato della politica di ieri e di oggi, quindi dell’importanza di "guardare lontano, di pensare al futuro, di avere consapevolezza del proprio tempo".
E alla domanda "Cosa resta da sapere, oggi, di quei 55 giorni?". Ha risposto: "Non credo che si arriverà mai a una verità di tipo giudiziario, nonostante sforzi meritori anche dell’ultima commissione parlamentare. Penso che dopo 40 anni sia fondamentale comunque tenere viva una memoria (infatti oggi sono contento che siate qui così in tanti), tenere viva una ricerca di verità e giustizia. In un Paese democratico non è mai vano chiedere verità e giustizia. Questo vale per Aldo Moro, ma anche per Ilaria Alpi, per Giulio Regeni". Sul caso Moro dunque mancano ancora molti tasselli, ad esempio per il direttore de l’Espresso gli interrogativi aperti sono: "Cosa è successo esattamente il 16 marzo e il 9 maggio 1978? Che fine ha fatto l’originale del memoriale di Aldo Moro? E molte lettere che ha scritto? Perché le brigate rosse non hanno reso noto il memoriale che era il documento più dirompente sugli equilibri politici dell’epoca? Che fine hanno fatto le cassette con la voce registrata?".
Ultimi commenti
peccato privarsi di cosi' tanta bellezza...lo Skyline di Cella non sara' mai piu' come prima.
Ma il Sindaco è la Giunta, non pensano a ridurre la spesa della complessa macchina comunale, lo stipendiopolo comunale è stato classificato come la maggior
Stato di abbandono? Io direi più atti di vandalismo...