Comunione e Liberazione saluta nel Duomo di Reggio il vescovo Camisasca

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Il saluto di Andrea Ferrari, responsabile diocesano di Comunione e Liberazione di Reggio Emilia, rivolto al vescovo Massimo Camisasca in occasione della messa in memoria di monsignor Giussani che si svolge oggi 22 febbraio alle 19.00 presso la Cattedrale di Reggio.

“Eccellenza carissima,
sono veramente grato anche quest’anno di portarLe il saluto della comunità di CL della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, nell’occasione della salita al cielo di don Luigi Giussani e del 40° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione. La nostra emozione quest’anno è ancora più forte pensando che questa celebrazione è l’ultimo evento che la vede come vescovo di Reggio prima della Sua partenza. Speriamo che ogni tanto potrà tornare a fare visita alla città che ha guidato come vescovo per nove anni.

Pensavo in questi giorni alle parole che avrei voluto rivolgerLe questa sera, per manifestarLe il nostro affetto e la nostra riconoscenza, e mi dicevo che tanto di bene è già stato detto su di Lei nei giorni scorsi da personalità ben più autorevoli di me. Segno evidente di un affetto e di una stima profonda del Suo popolo, come peraltro abbiamo visto ben testimoniato domenica 13 febbraio in una cattedrale gremita.

Il movimento di CL sta attraversando un momento importante della sua storia: la Chiesa chiede a tutti i movimenti e realtà associative di rivedere il proprio statuto, per far sì che “si rifletta nel modo più adeguato possibile l’originalità del nostro carisma e quindi l’identità specifica della Fraternità di CL all’interno della Chiesa”. In questi ultimi anni, più volte la questione del carisma ci ha interpellato ed ancora interpella la coscienza di ognuno di noi, in quanto battezzati e, più specificamente, in quanto presi dentro una storia particolare suscitata dallo Spirito attraverso don Giussani. Nonostante questo amore di Dio verso di noi, ci ritroviamo immersi nella cultura dominante dell’uomo che si realizza da sé; dell’uomo che pensa di non aver bisogno di nessuno, se non di sé stesso; di una ragione che pretende di essere misura di tutte le cose. In quante occasioni, in questi anni, Lei ci ha mostrato invece la convenienza umana dell’uomo che si affida a Dio!

Disse don Giussani nella sua ultima lettera a Giovanni Paolo II nel 2004: “Ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta.”

Questo è uno dei fattori che hanno travolto e affascinato me e penso tanti amici tra noi. In Lei, caro don Massimo, abbiamo potuto ammirare questo genio applicato al governo di una diocesi e declinato nei suoi aspetti culturali e pastorali. Non a caso il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità, l’ha definita un educatore entusiasta. Mi piace molto questa definizione: infatti, in questi anni, Lei è stata una presenza sempre disponibile per tutti e che ha voluto incontrare tutti.

La sua fede profonda, la sua vigile e solerte sollecitudine di Pastore, la sua preparazione vasta e ricca lo hanno reso particolarmente attento alla cultura, intesa non solo come ambito specifico della società, ma soprattutto come dimensione essenziale dell’uomo. Tale consapevolezza lo ha spinto ad un lavoro incessante e multiforme: dai suoi giudizi puntuali sui temi attuali della vita sociale locale e nazionale, alle conferenze di carattere letterario, specialmente nel periodo del lockdown, quando online offrì ai fedeli preziose meditazioni su autori fondamentali passati e recenti; per non parlare delle numerose conferenze pubbliche o della pubblicazione di numerosi articoli e libri.

Fedeltà alla tradizione cattolica e capacità di declinarla in modo creativo e consono alle esigenze del presente hanno fatto sì che il suo magistero abbia assunto un valore di sicuro punto di riferimento per tanti, spesso smarriti nella crisi di certezze consolidate, e, allo stesso tempo, abbia comunicato un respiro ecumenico, capace di entrare in dialogo col mondo laico, senza cedere a mode o a facili compromessi.

Quando nel 2012 si insediava come Vescovo, nella lettera di saluto scrisse “Vengo come amico. Vengo per ogni uomo e per ogni donna. Nel più assoluto rispetto della libertà di coscienza di ciascuno, umilmente e fermamente desidero essere il tramite dell’annuncio e della proposta di Gesù: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6), chi mi segue avrà il centuplo quaggiù e la vita eterna (Mt 19,29).” Ebbene, Lei è stato davvero un amico ed è un dono averLa avuta come padre nella fede. Continueremo ad essere amici anche nella distanza, certi che siamo una sola cosa in Cristo e quindi per sempre fratelli.

Arrivederci, caro don Massimo”.