Bologna, avvisi di garanzia a due persone indagate per l’omicidio di Biagio Carabellò

Biagio Carabellò

La procura di Bologna ha notificato gli avvisi di garanzia a due persone indagate per l’omicidio di Biagio Carabellò, l’operaio scomparso a 46 anni nel novembre del 2015 e i cui resti sono stati trovati il 23 marzo di quest’anno in un canale di scolo in un’area del Parco Nord di Bologna: si tratta dell’ex coinquilino e dell’amica che ereditò i beni della sua compagna, grazie a un testamento che poi si rivelò falso, come sancito da una sentenza del tribunale che in primo grado ha condannato la donna.

Gli avvisi di garanzia sono legati agli accertamenti medico-legali sui resti dell’operaio, per permettere alla difese di nominare i consulenti di parte. L’obiettivo della procura felsinea è quello di ricostruire le cause della morte di Carabellò, dopo che le precedenti indagini – partite prima del ritrovamento delle ossa della vittima – erano state archiviate nel 2018.

“Noi non abbiamo ricevuto alcun avviso”, ha chiarito l’avvocata Barbara Iannuccelli, che difende la famiglia della vittima, “e ci stiamo muovendo con le indagini difensive che stanno portando anche a risultati, per cui a breve depositeremo una memoria.
L’unica doglianza espressa dai familiari è che i resti di Biagio verranno visti per la prima volta non da chi gli ha voluto bene, ma dai consulenti degli indagati per il suo omicidio. Laddove, al momento del deposito delle relazioni, quando ci sarà data la possibilità di interloquire, ravviseremo errori o elementi oggetto di contestazione, faremo ripetere tutto quello che si sta facendo oggi”.

La conferma dell’identità dei resti ritrovati era arrivata grazie alle analisi disposte dalla stessa procura di Bologna, e in particolare dal raffronto odontoiatrico tra le ossa e i dati clinici dell’uomo. Secondo la procura la corrispondenza tra peculiarità anatomiche, patologiche e terapeutiche, oltre all’assenza di elementi di incompatibilità, “è sufficiente per identificare il cadavere nella persona di Biagio Carabellò”.

Il pronunciamento era arrivato dopo che, insieme ai resti, era stato ritrovato anche un giubbotto con dentro la patente di Carabellò; in un successivo sopralluogo nella zona, condotto dai carabinieri del nucleo investigativo e della sezione investigazioni scientifiche di Bologna, al quale aveva preso parte anche l’équipe dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, era stato ritrovato anche il cellulare dell’operaio.