Avvocato reggiano difese ‘male’ l’Inps: dovrà risarcire 119mila euro

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La Corte dei conti ha condannato un avvocato reggiano di 67 anni a risarcire l’Inps con 119.652 euro, per non aver difeso adeguatamente l’istituto di previdenza in una causa di lavoro. In pratica non motivò un atto di appello limitandosi a riproporre gli argomenti di primo grado: la conseguenza fu il danno economico provocato all’amministrazione di appartenenza.

La sentenza della sezione giurisdizionale di appello (presidente Rita Loreto, relatrice Maria Cristina Razzano), nelle scorse settimane, ha confermato l’impostazione della Corte regionale emiliano-romagnola di primo grado (presidente estensore Marcovalerio Pozzato), pur riducendo del 30% l’importo che il legale dovrà versare. I 170mila euro (a fronte dei 244mila contestati dalla Procura) inflitti dalla Corte regionale sono stati infatti ridotti a 119.652 nel secondo grado del giudizio contabile.

La vicenda nasce da una controversia tra quattro dipendenti e lo stesso istituto, con al centro il loro diritto a mantenere con l’Inps l’anzianità di servizio già maturata al Miur, da cui si erano trasferiti. Il giudice del lavoro di Reggio Emilia nel 2010 condannò l’istituto alla restituzione delle somme indebitamente trattenute, in totale circa 240mila euro.
L’avvocato reggiano, in servizio all’ufficio legale dell’Inps, impugnò la sentenza, ma il suo appello nel 2016 venne dichiarato inammissibile dalla Corte di appello di Bologna, per mancanza dei motivi di impugnazione. E la pronuncia a favore dei 4 dipendenti divenne così definitiva.
L’Inps decise però di segnalare alla Procura contabile il caso e la Corte dei conti ha quindi contestato all’avvocato di aver provocato un danno erariale, precludendo, con il suo comportamento, la possibilità di ottenere un verosimile, sulla base di precedenti di giurisprudenza, annullamento della sentenza di primo grado e una nuova decisione a favore dell’Inps. Secondo la Corte dei conti regionale il legale avrebbe infatti agito con la “massima negligenza e la più sfrontata superficialità”, consistente “nella svogliata predisposizione di un atto di appello contrassegnato da vistose carenze”. Una difesa, dunque, esercitata “maldestramente” ed  una “disinvolta negligenza” che hanno provocato un danno all’Inps, che dovrà ora essere risarcita.