Alcuni ex appartenenti alle Br sono nei giorni scorsi stati interrogati a Milano in merito alla vicenda del conflitto a fuoco in cui morirono la brigatista Margherita “Mara” Cagol (era il 5 giugno 1975) e l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso. La Cagol, componente del gruppo storico delle Brigate Rosse e moglie di Renato Curcio, fu uccisa durante un conflitto a fuoco avvenuto nell’Alessandrino in occasione della liberazione dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato il giorno prima.
Luciano Seno, alto ufficiale dei carabinieri e poi del Sismi, nel 1975 era l’uomo di punta della squadra costituita dal generale Dalla Chiesa per dare la caccia ai terroristi rossi, ha così ricostruito la vicenda a il Giornale: “Arrivai alla Cascina Spiotta poche decine di minuti dopo il conflitto a fuoco. Mara Cagol era stesa al suolo, nell’erba, già morta. La situazione era terribile, c’erano i due colleghi feriti in modo gravissimo. Dell’altro brigatista che era con lei non c’era più traccia, era riuscito a dileguarsi nella boscaglia”.
Spiega ancora il militare: “Iniziammo da subito a cercare di dargli un nome, da alcune tracce all’inizio ci convincemmo che fosse Alfredo Bonavita, uno dei fondatori delle Brigate Rosse. Adesso invece a quanto pare si è scoperto che era un altro del nucleo storico, Lauro Azzolini”. Uno dei due che nel 1977 avrebbero gambizzato Indro Montanelli.
Lauro Azzolini, oggi 79 anni, operaio alla Lombardini e appartenente al cosiddetto “gruppo reggiano” storico delle Br, implicato nella vicenda del sequestro di Aldo Moro, arrestato a Milano e condannato all’ergastolo, oggi libero, ha commentato in modo enigmatico al Giornale: “Dico solo che di quella operazione si assunse per intero la responsabilità, l’organizzazione Brigate Rosse”.
Nell’ambito delle indagini saranno sentiti a Torino almeno due altri ex brigatisti reggiani: Loris Tonino Paroli, 78 anni, anche lui del nucleo storico dell’appartamento di via Emilia San Pietro, e Attilio Casaletti, poi arrestato alle porte di Milano, e più volte citato nel libro “Mara, Renato ed io” di Alberto Franceschini.
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peccato privarsi di cosi' tanta bellezza...lo Skyline di Cella non sara' mai piu' come prima.
Ma il Sindaco è la Giunta, non pensano a ridurre la spesa della complessa macchina comunale, lo stipendiopolo comunale è stato classificato come la maggior
Stato di abbandono? Io direi più atti di vandalismo...