Al teatro Ariosto di Reggio un focus in tre serate sulla coppia artistica Rezza/Mastrella

Anelante Antonio Rezza ph. G. Mazzi

Il teatro Ariosto di Reggio si prepara a ospitare un focus dedicato ad Antonio Rezza e Flavia Mastrella, coppia artistica ineguagliabile del panorama teatrale contemporaneo, che calca le scene dal 1987. Lui performer e autore, lei artista e autrice, hanno sempre firmato a quattro mani l’ideazione e il progetto artistico di tanti spettacoli divertenti, anarchici e surreali, che nel 2018 li hanno portati a essere premiati con il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia.

L’antologia che racconta il loro percorso sul palcoscenico si articola in un tris di spettacoli in ordine cronologico: “Io”, del 1998 (in scena venerdì 18 marzo alle 20.30); “7-14-21-28”, del 2009 (sabato 19 marzo alle 20.30); “Anelante”, del 2015 (domenica 20 marzo, sempre alle 20.30).

Spettacoli quasi impossibili da raccontare, ma imperdibili.

“Io” è una sorta di viaggio sul razzismo che permea l’essere umano, di cui quest’ultimo non si rende neppure conto; l’intolleranza filmata nelle vie di Milano e che, in qualche modo, fa il paio con quell’Io scorretto e impronunciabile che a tratti sbuca in scena durante lo spettacolo, armato di una sorta di aureola gialla. Considerazioni profonde, brucianti, che dilagano dagli interstizi delle battute attraverso efficacissimi teli lacerati, che si animano mediante le azioni del performer.

Irriverente e ribelle, anche in “7-14-21-28” il corpo asciutto e nervoso di Rezza si muove nello spazio entrando in contatto con gli oggetti: un tulle bianco trasparente sospeso a mezz’aria diventa la maschera di un teatro giapponese immaginato; una piattaforma di legno basculante viene cavalcata come una tavola da surf; un telo rosso che serpeggia tra due pali diventa un letto d’ospedale. Le scene politicamente scorrette vanno a mettere il dito nella piaga dei tabù sociali: la morte, lo stupro, la violenza sui bambini in ambito familiare ed ecclesiastico.

In “Anelante”, infine, Rezza continua a parlare da solo, ma questa volta lo fa in compagnia di quattro attori (Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara A. Perrini ed Enzo di Norscia): urla, salta, gattona, striscia, si spoglia. Come i veri folli non riconosce interlocutori, perché sa con chi sta parlando.