Iaquinta accusato di calunnia
Nell’udienza mattutina di giovedì 17 maggio il PM Betarice Ronchi conclude la sue ricostruzione dei fatti e degli elementi processuali relativi all’imputato Giuseppe Iaquinta, padre dell’ex calciatore della Juventus e della nazionale Vincenzo. La Procura Antimafia lo ritiene un membro importante della ‘ndrangheta emiliana, che aveva a propria disposizione le armi formalmente concesse al figlio, che partecipava a Reggio come a Cutro alle riunioni decisive della cosca, anche nella tavernetta di Nicolino Grande Aracri, e che aveva ideato una falsa autodenuncia, definita dalla dott.ssa Ronchi la "mossa diabolica", per tentare di rispondere all’interdittiva ricevuta dal prefetto De Miro. Ma "difendersi non può consentire di accusare terzi" dice il PM, che chiude di conseguenza con una richiesta inaspettata nell’aula del processo Aemilia: la nuova accusa di calunnia aggravata dal metodo mafioso nei confronti di Iaquinta. Ascoltiamo le parole di Beatrice Ronchi:
Le minacce alle cooperative
Un secondo imputato che al pari e forse più di Giuseppe Iaquinta aveva forti legami ed amicizie a Reggio Emilia, in particolare in Questura (con l’agente Domenico Mesiano), è Pasquale Brescia. Il titolare del ristorante Antichi Sapori, reso celebre dalla cena cui partecipò Giuseppe Pagliani di Forza Italia, è l’autore della lettera del gennaio 2016 nella quale Brescia chiedeva al Sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi di dimettersi o di difendere i costruttori cutresi dalla presunta aggressione razzista simboleggiata dall’inchiesta Aemilia. Quella lettera pubblicata integralmente dal Resto del Carlino era per la Procura una minaccia/ricatto a cui il sindaco non si piegò. Ma c’è una seconda lettera, non meno importante, spedita da Gianluigi Sarcone alla Gazzetta di Reggio. Una lettera di minacce e ricatti rivolti al sistema cooperativo reggiano che "aveva dato lavoro a tanti imputati del processo Aemilia" dice Beatrice Ronchi. Che aggiunge: "Grazie al cielo la Gazzetta non la pubblicò, consegnandola invece alla Squadra Mobile". Non sfugge nelle sue parole il diverso giudizio sulle scelte dei due quotidiani. Cosa conteneva la lettera lo sentiamo direttamente dal PM.
Gianluici Sarcone al carcere duro
Beatrice Ronchi ha fornito nuovi dettagli sul finto pentimento nell’autunno 2017 di Nicolino Sarcone, già condannato nel rito abbreviato di Bologna come capo della cosca reggiana. I PM non gli hanno creduto, come non hanno creduto a Gianluigi Sarcone che in aula durante il processo ha parlato della conversione del fratello lasciando intendere anche un proprio ripensamento. Una messa in scena, secondo la Procura Antimafia, che si somma ai comportamenti di Gianluigi in galera: leader tra i detenuti e sempre pronto a fare valere la propria autorevolezza sia verso i membri della cosca Grande Aracri che nei confronti dei mafiosi camorristi o siciliani incarcerati. Da questo insieme dei comportamenti deriva la decisione dei PM di chiedere anche per Gianluigi Sarcone l’applicazione del 41 bis, il cosiddetto carcere duro in isolamento. Misura già concessa del giudice, come spiega Beatrice Ronchi.
Cutresi, ribellatevi
C’è spazio nel tardo pomeriggio per una riflessione del dott. Marco Mescolini che collega il coraggio della denuncia politica alla percezione di forza propria della consorteria mafiosa che preferisce il silenzio al clamore. Due voci entrambe coraggiose, quella del consigliere Cinque Stelle Matteo Olivieri e quella della Presidente della Provincia di Reggio Sonia Masini, si alzarono ad ammonire: "Cutresi ribellatevi". Ma la ‘ndrangheta non diede importanza alla prima nel 2011 sperando si trattasse di una voce isolata mentre dichiarò guerra un anno dopo alla seconda che reputava forte. Poi arrivò anche a minacciare la parlamentare Maria Edera Spadoni dopo un comizio a Reggio e la esponente della Lega Nord Catia Silva a Brescello perché tacessero. Le mafie vogliono che stiamo zitti, conclude Mescolini, e contro di loro l’unica arma di resistenza civile che ci rimane è parlare. Anche attraverso la capacità di memoria della sentenza di questo processo.
La requisitoria riprenderà martedì 22 maggio. Si parlerà di una delle ferite più gravi inferte al nostro territorio: le speculazioni sul terremoto ai danni della popolazione colpita.
(da "Processo Aemilia: la requisitoria – Secondo giorno" – Cgil Reggio Emilia)
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La Cgil di Reggio ha scelto una forma intelligente per seguire il processo Aemilia affidando a uno dei giornalisti più esperti della realtà locale, che è anche autore consolidato di opere di narrativa, lo sviluppo del dibattimento che va svolgendosi in questi mesi a Reggio Emilia. 24Emilia e io personalmente siamo particolarmente grati a Paolo e alla Cgil per averci concesso l’utilizzo dei suoi testi, anche nella consapevolezza che ciò possa contribuire a rendere più capillare la diffusione delle vicende legate alla penetrazione della ‘ndrangheta nella nostra provincia e a far sì che da una maggiore consapevolezza possano scaturire gli anticorpi affinché questi germi di malaffare possano essere definitivamente estirpati dal territorio emiliano. (n.f.)
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