Aemilia, la requisitoria del pm Mescolini

Alle 10,32 di martedì 15 maggio, dopo 165 udienze nell’aula bunker di Reggio Emilia, il presidente del collegio giudicante Francesco Maria Caruso ha dato la parola al sostituto procuratore Marco Mescolini per la requisitoria finale al processo Aemilia. Mescolini ha iniziato ringraziando lo stesso collegio per la conduzione del processo che a due anni e mezzo dagli arresti del 28 gennaio 2015 si avvia a conclusione mentre a Bologna si è già chiuso l’appello del rito abbreviato. Tutto ciò è avvenuto senza intoppi né incidenti e tutto ciò non era scontato. Le prime parole della requisitoria.

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I PENTITI
 
Il processo e il dibattimento secondo il PM hanno avuto un effetto moltiplicatore delle prove raccolte nel corso delle lunghe indagini sull’esistenza della cosca emiliana e sull’appartenenza ad essa di tutti gli imputati che debbono rispondere del 416 bis. Le confessioni e le conferme fornite dai tre collaboratori di giustizia che hanno deciso di mettersi a disposizione durante il processo: Giuseppe Giglio, Antonio Valerio e Salvatore Muto, basterebbero a tal fine per la loro affidabilità intrinseca.
 
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I FAVORI (REATI FISCALI) CHIESTI ALLA ‘NDRANGHETA
 
Mescolini spiega che l’appartenenza alla associazione mafiosa, il 416bis del codice penale, non prevede obbligatoriamente che si commettano singoli delitti: è esso stesso un reato che si fonda sulla consapevolezza e sull’appartenenza di chi lo commette e sull’omertà e l’intimidazione di chi lo subisce. E’ la premessa da cui discende il primo vero affondo verso la tolleranza della comunità locale alla ‘ndrangheta. Anzi, verso la richiesta di soluzioni facili e convenienti di cui sono colpevoli nella falsa fatturazione imprenditori locali.
 
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OBBIETTIVO: SOLDI E RICCHEZZA
 
Resta evidente secondo il PM Mescolini che c’è un doppio obbiettivo nell’agire della cosca: il conseguimento di guadagni per la consorteria e il parallelo e interesse personale. Non c’è conflitto, non c’è contrapposizione. Alla fine l’importante è arricchirsi, individualmente e collettivamente.

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I GIUBBOTTI GRIFFATI “SARCONE”
 
Una pagina definita “triste” è la notorietà del gruppo mafioso e la popolarità che crescono con l’arresto dei leader. A cercare di sfruttare la condanna di Nicolino Sarcone dà una mano il giornalista Marco Gobertini, definito da Mescolini “uno che non ha il dono della prudenza nel parlare”.
 
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LA CAMORRA TRATTATA A PESCI IN FACCIA
 
Vengono proposte durante la requisitoria alcune intercettazioni emblematiche. Antonio Gualtieri, già condannato come capo cosca, parlando con Vincenzo Mancuso spiega come ha trattato dei napoletani che erano andati a chiedere soldi (pizzo) ad alcuni cutresi di Reggio Emilia. Si capisce bene chi comanda, tra le mafie, in questa città.
 
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FINO AL 2015 ED ANCHE DOPO
 
L’introduzione di Marco Mescolini si sofferma in particolare sull’anno “orribile” per la ‘ndrangheta, il 2012, quando la consorteria avvertì il fiato sul collo della Procura Antimafia e subì le interdittive del Prefetto De Miro. Ci furono fughe di notizie sulle indagini, favorite da poliziotti e carabinieri compiacenti, ma la cosca non immaginava allora quanto estesa e profonda fosse l’indagine in corso e non ne ebbe consapevolezza fino agli arresti. La parola passa poi alla dottoressa Beatrice Ronchi che inizia a riassumere le prove dell’accusa a carico di alcuni personaggi eccellenti alla sbarra di Reggio Emilia. Due ore dedicate a Giuseppe Iaquinta, e ancora non è finita. Poi toccherà a Paolini, Sarcone, ai Vertinelli…
 
Tre giorni si sono presi i PM per la loro requisitoria e per arrivare alle richieste di condanne. Se ce la faranno sarà un miracolo.