Addio a Italo Rota: la camera ardente a Milano, mercoledì i funerali

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È morto l’altro giorno all’età di 70 anni, Italo Rota, architetto celeberrimo, che ha firmato tra l’altro il Museo del Novecento in piazza Duomo a Milano, come suo il progetto di ristrutturazione e allestimento museografico dei Musei Civici di Reggio Emilia.
Aperta martedì prossimo in Triennale dalle 10 alle 20 la camera ardente di Italo Rota, La camera ardente sarà allestita nello spazio cuore, dedicato agli archivi e alla ricerca.

Il funerale del designer, che ha firmato fra l’altro il progetto del Museo del Novecento di Milano, il Tempio Indù a Dolvi, in India e le nuove sale della scuola francese alla Cour Carré del Louvre a Parigi, si svolgeranno invece mercoledì.

“Con Italo Rota perdiamo un protagonista assoluto dell’architettura e della cultura italiana. Ci mancheranno le sue idee potenti e appena sussurrate, le sue visioni controcorrente, le sue composizioni ricchissime e sempre intelligenti. Un pezzo della nostra storia, della storia della nostra generazione, della storia di Triennale e della creatività italiana nel mondo se ne va”, ha scritto Boeri in un post.

“La scomparsa di Italo Rota ci priva di uno dei massimi architetti mondiali, uno degli spiriti più liberi e geniali di Milano. Quando nessuno credeva in Expo, mi è stato vicino con le sue idee ed energia. La sua opera continuerà ad accrescere il fascino di Milano nel mondo”. Così il sindaco di Milano Beppe Sala, ex commissario unico di Expo 2015, commenta la scomparsa di Italo Rota.

Questo il ricordo del sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi: “Italo Rota è stato indubbiamente un fuoriclasse, un maestro in tutte le esperienze e progettualità che ha portato a compimento. Ho avuto il privilegio di conoscerlo fin dalla fase iniziale del suo percorso a Reggio Emilia, durato quasi 10 anni, dove insieme a lui abbiamo realizzato e consegnato alla città il Nuovo Museo. Lavorare con lui non era semplice. Era vulcanico, imprevedibile, sorprendete nella sua capacità di intuizione ed esplosione creativa. Poi il tutto veniva ricondotto a una organicità condivisa, più razionale ma sempre coerente con la visione che ci aveva consegnato. Era un metodo di ragionare e lavorare, che era prima di tutto contenuto e non prescindeva mai dal confronto, dal dialogo, dalla considerazione di quanto si muoveva, viveva intorno al progetto. Nel nostro caso, la città”.



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