A sette mesi dall’incendio scoppiato nella notte tra il 10 e l’11 febbraio scorsi nell’area del polo industriale di via Due Canali, a Reggio, che devastò un edificio per la lavorazione di carni fresche di Inalca e un edificio di Quanta Stock&Go adibito a magazzino di alimenti, qualcosa si muove: dopo il dissequestro dell’intera area interessata dal rogo, Inalca ha risposto alle richieste avanzate a fine agosto dall’amministrazione comunale di Reggio, informando il Comune di aver avviato una “ricognizione puntuale” per “verificare se effettivamente esistano all’interno dell’area cause di possibili rischi per la salute pubblica”. I risultati sono attesi entro le prossime due settimane.
Una risposta che però non basta affatto al Comitato Amianto Zero, che da mesi monitora la situazione del quartiere (e non solo), in particolare per quanto riguarda appunto la presenza di frammenti di cemento amianto che si sono dispersi in tutta la zona in conseguenza dell’incendio: “Ma davvero dobbiamo credere che la salute dei cittadini dipenda dal giudizio discrezionale della stessa azienda coinvolta? Davvero si pensa che l’amianto, sostanza notoriamente cancerogena, diventi un pericolo solo se Inalca lo conferma nero su bianco? Possibile che le due tettoie distrutte dall’incendio, ancora oggi abbandonate nello stabilimento, sature di amianto deteriorato e mai bonificate, vengano considerate innocue per la salute dei cittadini?”.
Questa posizione, per il Comitato e per Reggio Emilia Ripuliamoci, “è inaccettabile. Non è questione di valutazioni, di ‘vedremo’ o di relazioni di parte: l’amianto in stato di degrado è un rischio immediato e concreto per la salute pubblica. Punto. Chiediamo con forza che siano le autorità indipendenti — Arpa, Asl e Prefettura — a intervenire, per quanto di loro competenza, senza più rimandare e senza affidarsi alle rassicurazioni di chi ha interesse a minimizzare. La cittadinanza non può aspettare l’esito di un’autocertificazione. Non serve altro tempo, serve responsabilità. Ogni giorno di ritardo è un giorno in più di esposizione al rischio”.
Sul versante strettamente politico, invece, la vicenda Inalca “riapre una questione di fondo: la mancanza di autorevolezza da parte di questa amministrazione comunale nel far rispettare le proprie ordinanze. Evidentemente questa giunta, insieme al sindaco, appare agli occhi della controparte debole, poco rappresentativa e priva della necessaria capacità di incidere sulle questioni di interesse collettivo. Resta forte la preoccupazione che, in assenza di reali strumenti di pressione e di autorevolezza, anche l’ordinanza sulla bonifica del sito Inalca rimanga lettera morta, con conseguenze potenzialmente molto gravi per la salute pubblica e per l’ambiente: a pagare il prezzo più alto, in termini di salute, saranno ancora una volta i cittadini”.







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