Ius soli, rilanciare la campagna

Ius soli

La cronaca delle ultime settimane ha riportato alla ribalta il tema dello ius soli. Ciononostante il Pd e il centrosinistra tentennano. Ancora una volta: prima, quando erano al governo, per la paura di perdere voti; adesso, che sono all’opposizione, per paura di perderne ancora.

Va così. Sono lontani i tempi in cui prima dei calcoli di vittoria o sconfitta c’era la qualità delle proprie convinzioni, cioè quelli che si chiamavano valori. Eppure la battaglia per lo ius soli, che pone il tema della cittadinanza per i ragazzi nati e sempre vissuti nel nostro Paese, non è difficile da capire. Ed è inconcepibile che non si voglia risolvere questo problema.

Per bambini e ragazzi, come verifico quotidianamente nella mia esperienza di insegnante, non è nemmeno un problema. Non se lo pongono proprio. Non concepiscono neppure l’idea che tra compagni di classe ci si debba dividere tra italiani e non italiani.

Sarebbe come immaginare che nelle squadre di calcio gli stranieri siano meno importanti degli italiani. Sarebbe come pensare che Cristiano Ronaldo dovesse essere cacciato dalla Juventus perché parla portoghese. La scuola pubblica, sul tema della cittadinanza, è senza dubbio molto più avanti della società e della politica. A scuola, in Italia, nessuno è straniero. Da decenni.

Il precedente governo di centrosinistra si è sottomesso alle fobie della destra. Nonostante vescovi e mondo cattolico fossero largamente a favore. C’era una rete ampia di sostegno e di energie. Fu l’ennesimo treno perso della sinistra. Doppiamente perso: perché non si è capito che questo tema della cittadinanza, ma più in generale l’intero discorso sui migranti, non era e non è solo una questione di diritti civili, pur irrinunciabili, ma era – e continua a essere – anche e soprattutto l’occasione per parlare di uguaglianza, per difendere i diritti sociali e del lavoro.

Prima ancora che di razzismo, si tratta di una questione di povertà. Tanti italiani sono spaventati più dalla vicinanza a un povero, a prescindere dalla sua nazionalità, che a un ricco straniero. I migranti sono i più poveri, oggi. Vengono usati come cavie: per togliere diritti che poi possono essere tolti anche agli altri lavoratori.

Se non si occupa di queste cose, quale funzione ha la sinistra? Io penso che la sinistra, se vuole esistere e dare un senso alla parola sinistra, debba rilanciare il progetto ius soli senza perdere altro tempo. E smetterla con le paure e con le esitazioni.

Questa è una battaglia sacrosanta, da fare tenacemente sul piano culturale e sociale, per quanto possa essere faticosa e lunga. Basta trincerarsi dietro i numeri, che prima erano incerti, ora sono sfavorevoli, domani comunque meglio andare cauti. Basta. Non ne possiamo più.

Diceva Che Guevara: “Chi lotta può anche perdere, ma chi non lotta ha già perso“. E allora si faccia, finalmente, fino in fondo, questa battaglia sullo ius soli. Al momento un ragazzo minorenne che ha genitori di origine straniera deve acquisire meriti straordinari per smuovere Salvini.

Come nel caso di quello che ha dato l’allarme per l’autobus sequestrato. Una vicenda che, per forza mediatica, sottolinea proprio quanto sia assurdo rifiutare il riconoscimento della cittadinanza a un ragazzo per tutto il resto assolutamente italiano fin dalla nascita.

Ma è anche più irragionevole che un diritto così elementare possa essere trasformato in una concessione straordinaria, in un premio discrezionale. Se si hanno gli stessi, identici requisiti, ma non si va in prima pagina, magari rischiando la vita, allora si è meno italiani? È una cosa davvero priva di senso.

Salvini ha detto di sentirsi come il padre di Rami: un padre-padrone che concede la cittadinanza. La sinistra dimostri che l’Italia è una mamma, che accoglie chiunque nasce nel suo territorio senza fare distinguo discriminatori a partire dai bambini.